Un folto pubblico per la presentazione de “L’ultimo lenzuolo bianco – l’inferno e il cuore dell’Afghanistan” di Farhad Bitani, giovedì 26 marzo nell’Aula magna dell’Istituto Pacchiotti di Giaveno.
Al tavolo del relatori anche il giornalista Marco Margrita, in vece di moderatore, e il giornalista di “Tempi” Rodolfo Casadei, come intervistatore. A inizio serata Edoardo Favaron, delegato comunale alla cultura, ha portato i saluti dell’Amministazione giavenese, come Claudio Aiello, presidente della Fondazione Pacchiotti, ha fatto gli onori di casa, recando i saluti degli altri membri del Consiglio d’Amministrazione.
«Questo è un incontro con la vicenda personale di Farhad. Non solo e non tanto una questione di dialogo, ma proprio un incontro aperto all’orizzonte del senso – ha esordito Casadei – raccontare la storia, più che perdersi nel ragionamento consente di incontrare in modo più toccante la realtà. Farhad ci testimonia anche la decisività e la radicalità intensamente umana nella dimensione religiosa».
Bitani ha raccontato la storia della sua vita da sempre in contatto con la morte, la violenza e con la precarietà. Figlio di un generale dei mujaheddin, si ritrova a cambiare casa ogni settimana, finché non si sposta prima in Iran e poi in Italia, dove è rifugiato politico dal 2012. È qui che per Bitani le certezze apprese nelle scuole coraniche entrano in crisi. «A un certo punto non ho più voluto fare quella vita fatta soltanto di denaro e di violenza, così ho dovuto allontanarmi dall’Afghanistan e dalla mia famiglia». «Quando chiesi conto a mia madre dei massacri che vedevo nello stadio, mi rispose che avrei trovato il vero Islam in Occidente» è il momento più significativo nel racconto di Bitani. Al termine della presentazione l’autore ha autografato i libri, scambiando qualche parola informale con i curiosi.
AL PACCHIOTTI UN FOLTO PUBBLICO PER FARHAD BITANI
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