di GIOVANNI MILESI (sindacalista di FILCTEM CGIL Torino)
Mercoledì 18 Novembre, l’Azimut Yachts spa di Avigliana ha aperto la procedura di mobilità per 95 lavoratori su 926 occupati, di cui 76 operai diretti di produzione e 19 fra operai indiretti ed impiegati.
In questi giorni sui media è stato dato risalto esclusivamente al punto di vista della direzione Azimut sulla questione, dipingendo il sindacato e la RSU di stabilimento come poco “ragionevole” e non disposta a valutare le esigenze di mercato e di un azienda ancora in crisi.
La realtà dei fatti è ben diversa, l’azienda licenzierebbe personale con o senza l’orario flessibile che richiede, poiché le scelte industriali e non di mercato, vanno in quella direzione. L’unica differenza rendendosi “flessibili”, è che i licenziamenti non saranno coi criteri previsti dal d.lgs 223\91, ma di non opposizione a fronte di incentivo, e nella proposta aziendale qualora non si raggiunga la quota minima di 50 licenziamenti non oppositivi, si procederebbe ugualmente con esuberi con i criteri precedenti.
Ciò che aggrava il modus operandi aziendale e che preoccupa tutte le maestranze dello stabilimento, è la volontà della proprietà di ridurre gli organici anche a fronte di un continuo incremento dei volumi produttivi nelle ultime 3 stagioni nautiche, incremento che quantificabile in oltre il 30% nella stagione 2015/2016 rispetto quella 2012\2013.
Nella parte finale della stagione nautica 2014\2015, l’azienda ha attuato un piano di straordinari obbligatori di oltre 3 mesi e da Settembre ha ripreso l’attività in “bassa stagione” facendo rientrare tutti i lavoratori da cigo ed effettuando, non appena rientrate le maestranze, straordinari in tutti i reparti.
Ma in questo quadro perchè licenziare? L’azienda licenzia poiché gradualmente sta esternalizzando verso piccole aziende appaltatrici che spesso prestano la loro opera parzialmente al di fuori di norme e leggi dello stato (già in passato l’ispettorato del lavoro aveva riconosciuto “intermediazione di manodopera” ad Azimut), licenzia poiché sposta le barche della gamma Atlantis verso il sito produttivo in Brasile, e inoltre corre voce di una possibile apertura di uno stabilimento Polacco, voce ad onor di cronaca mai ufficialmente confermata dalla direzione.
A questo proposito va ricordato che RSU ed Organizzazioni Sindacali durante la stagione nautica 2012\2013 hanno firmato un “accordo di per rendere efficiente” lo stabilimento di Avigliana che garantiva la produzione della gamma Atlantis, (precedentemente effettuata presso il sito si Piacenza ora chiuso) presso il sito di Avigliana in cambio di una serie di azioni di riduzione costi, accordo che sarebbe così disatteso a meno di 3 anni di distanza.
Con questi presupposti il vero dramma è il rischio di permanenza del sito produttivo di Avigliana, e non è dovuto al “rifiuto di flessibilità” da parte sindacale ma a precise scelte industriali della proprietà.
La RSU di stabilimento ha provato a discutere di flessibilità con l’azienda, ma il presupposto doveva essere ritiro dei licenziamenti e garanzie su “non esternalizzazione” di fasi di lavoro verso aziende Italiane ed estere, e chiaramente il giusto riconoscimento economico per la flessibilità dei lavoratori.
L’azienda non ha voluto discutere su questa impostazione, e non va dimenticato, che il ccnl gomma-plastica applicato da Azimut prevede già la possibilità per i periodi di picco produttivo di lavorare 48 ore settimanali. L’azienda vuole di più, vuole un orario superiore alle 48 ore settimanali in alta stagione, non pagare le ore oltre le 40 settimanali per poterle usare a suo piacimento in fermate produttive, ferie permessi ed ex festività non le vuole concordare ma poterle utilizzare esclusivamente per necessità aziendale, senza tener conto delle esigenze dei propri dipendenti e abbattendo il costo del lavoro.
Ma tutto questo può servire a garantire l’occupazione nel sito? No per Azimut anche questo è insufficiente malgrado la crescita costante dei volumi produttivi negli ultimi 3 anni.
In questo quadro Azimut ci propone un rinnovo di premio di risultato aziendale, scaduto da settembre 2015, con parametri che non dipendono direttamente dai lavoratori, solo per citarne alcuni : monetizzazione indice infortuni, costi di magazzino, costi industriali. Questo vorrebbe dire : se l’azienda non si occupa di sicurezza, se l’azienda ha lavoro e quindi fa magazzino, ed investe in industrializzazione, lavoratrici e lavoratori ne devono pagare una parte di costi. Chiediamo che l’amministratore delegato Dott. Luppi e il proprietario Dott. Vitelli rispettino ciò che l’ex senatore Vitelli dichiarava nella sua lettera di dimissioni al senato: “oggi torno alla mia attività di imprenditore che conto di coronare traghettandola alle nuove generazioni perché possano continuare a dare lavoro a tante famiglie. Forse sono più utile al paese in questo mio ruolo. Rimane intatto il mio impegno civile per una rinascita non solo economica ma anche culturale ed etica del paese. Non potrò attuarlo in Parlamento: cercherò di attivarmi almeno sul mio territorio”.
Per questi motivi la FILCTEM CGIL e la RSU hanno dichiarato una ulteriore iniziativa di lotta, che fa seguito alle 11 ore di sciopero effettuate la settimana scorsa nella giornata del 25 Novembre con presidio fronte Unione industriale Torino, a sostegno dell’esame congiunto richiesto dalla FILCTEM CGIL.