BUSSOLENO, AMNESTY INTERNATIONAL CONDANNA L’ARRESTO DI DANA LAURIOLA

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dal COMUNICATO DI AMNESTY INTERNATIONAL

BUSSOLENO – L’attivista e portavoce del movimento No Tav Dana Lauriola è stata arrestata all’alba dello scorso 17 settembre presso il suo domicilio a Bussoleno, in Valsusa, dove risiede dal 2019.

Dana Lauriola si trova attualmente nel carcere “Le Vallette” di Torino per scontare una pena detentiva di due anni, a seguito di una condanna definitiva per “violenza privata” e “interruzione aggravata di servizio di pubblica necessità” per un’azione dimostrativa pacifica realizzata il 3 marzo 2012 sull’autostrada Torino-Bardonecchia, all’altezza del casello di Avigliana, alla quale parteciparono circa 300 attivisti del movimento No Tav, in protesta contro la costruzione della linea ferroviaria di alta velocità.

Nel corso dell’azione, durata in tutto circa 20 minuti, una decina attivisti bloccarono l’accesso con il nastro adesivo ad alcuni tornelli del casello consentendo il passaggio alle automobili senza pagare il pedaggio, mentre altri attivisti del movimento esponevano striscioni e bandiere. Contemporaneamente, Dana Lauriola usava il megafono per spiegare le ragioni della manifestazione ai passanti e indirizzare le macchine in transito.

“Esprimere il proprio dissenso pacificamente non può essere punito con il carcere. L’arresto di Dana è emblematico del clima di criminalizzazione del diritto alla libertà d’espressione e di manifestazione non violenta, garantiti dalla Costituzione e da diversi meccanismi internazionali“, ha dichiarato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.

“È urgente che le autorità riconsiderino la richiesta di misure alternative alla detenzione e liberino immediatamente Dana Lauriola, arrestata ingiustamente per aver esercitato il suo diritto alla libera espressione e a manifestare pacificamente“, ha concluso Noury.

Ulteriori informazioni

In parallelo al suo attivismo di lunga data con il movimento, Dana Lauriola, 38 anni, è impegnata da vari anni in attività sociali ed opera attualmente come coordinatrice del reinserimento sociale nella Residenza Marsigli di Torino, gestita dalla cooperativa Aeris, che accoglie persone senza fissa dimora in convenzione con il Comune di Torino.

Nel giugno del 2019, sette anni dopo i fatti contestati, la Cassazione aveva confermato la durissima pena di due anni di carcere, per reati la cui pena minima prevista dal Codice penale sono 15 giorni.

Nel novembre 2019 la difesa aveva presentato istanza per l’affidamento in prova, una delle misure alternative al carcere previste, da svolgere con la cooperativa Aeris, nel cui ambito Dana Lauriola già svolgeva la sua attività lavorativa di tipo socioeducativo dal 2015. Tale misura è solitamente accordata per reati lievi di questa natura e in assenza di una valutazione sulla pericolosità sociale. Infatti, sebbene Dana Lauriola avesse altri carichi pendenti a suo carico, tutti sono legati ad azioni dimostrative non violente e nessuno è stato confermato in via definitiva.

Secondo l’avvocato Claudio Novaro, la relazione degli stessi servizi sociali ministeriali incaricati consigliava al Tribunale di sorveglianza di accogliere la richiesta di affidamento in prova, che avrebbe garantito a Dana Lauriola la possibilità di continuare il suo lavoro nel reinserimento sociale dei senza fissa dimora.

Ciononostante, in maniera inaspettata, lo scorso 14 settembre 2020 il Tribunale di sorveglianza di Torino ha rifiutato tutte le misure di custodia alternative e dato quindi il via libera all’arresto dell’attivista.

L’assurdità dell’arresto si legge anche tra le righe delle motivazioni del Tribunale che spiegano il rifiuto delle misure alternative.

Da un lato il Tribunale infatti riconosce che Dana Lauriola svolgeva la sua attività lavorativa, era “normoinserita” e non rappresentava alcuna pericolosità sociale. Dall’altro invece sostiene la necessità dell’arresto per il mancato “pentimento” in riferimento al suo attivismo e menziona la sua scelta di risiedere a Bussoleno, luogo che la esporrebbe, secondo il documento legale, al “concreto rischio di frequentazione dei soggetti coinvolti in tale ideologia (No Tav)” e dove “potrebbe proseguire la propria attività di proselitismo e di militanza ideologica“.

Il contesto delle mobilitazioni

Le azioni organizzate dal movimento No Tav nel mese di marzo 2012 si iscrivono in una più ampia mobilitazione della Valsusa che aveva per oggetto la contestazione degli espropri di alcune terre da parte delle forze dell’ordine per proseguire con la costruzione della linea di alta velocità Torino-Lione. Mobilitazione che aveva coinvolto anche 23 sindaci della Valle, tra cui quello di Bussoleno.

Il 27 febbraio 2012, l’attivista Luca Abba, proprietario di uno dei terreni oggetto dell’esproprio, si era arrampicato su un traliccio dell’alta tensione in segno di protesta. A seguito della pressione di alcuni agenti per farlo scendere, era stato folgorato da una scarica elettrica ed era caduto da un’altezza di dieci metri, rimanendo in coma per alcuni giorni.

Da questo episodio si erano accese mobilitazioni di protesta nella Valsusa e anche in altre città italiane, tra le quali si inserisce anche la breve azione non violenta al casello autostradale di Avigliana del 3 marzo 2012.

Oltre a Dana Lauriola, altre undici persone erano state denunciate a seguito dell’azione dimostrativa, poi tutte condannate a pene definitive che vanno da uno a due anni. Tra queste c’è la professoressa Nicoletta Dosio, di 74 anni, arrestata nel dicembre 2019 e che oggi sta scontando la fine della sua condanna di un anno ai domiciliari. Le udienze del Tribunale di sorveglianza sulle misure alternative per le restanti dieci persone si svolgeranno proprio nelle prossime settimane.

L’unico danno materiale dell’azione di protesta alla società autostradale che ha la concessione per il tratto Torino-Bardonecchia, la SITAF spa, è stato quantificato a 777 euro, importo rimborsato da Dana e altri coimputati prima dell’ultima udienza a suo carico.

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18 COMMENTI

  1. Una organizzazione parassitaria, finanziata con soldi anche pubblici, da potentati e finanzieri internazionali e fondi di investimento, per la tutela di presunti “diritti umani”…forse potrei ricredermi quando la vedrò spendersi per difendere cittadini onesti e normali o vittime di vere ingiustizie sociali, economiche e politiche. Altrimenti è solo l’ennesima metastasi del cancro buonista che sta facendo morire la libertà di pensiero ed espressione in tutto il mondo.

    • Non avendo argomenti validi da contrapporre accusi gli altri di ubriachezza, diffusa pratica locale, di cui sicuramente sei molto esperto, visto che è la prima cosa che ti venuta in mente…

    • Siete solo capaci di insultare quelli che non si adeguano al vostro pensiero unico,date del fascista a tutti quelli che non la pensano come voi,ma i veri fascisti ve li trovate davanti quando vi specchiate.Non lo capite che la gente in Valle non sopporta più le vostre prepotenze ed intimidazioni?

  2. Tra i due, quale epiteto non adeguatamente comprovato è più offensivo:
    “parassitario” o “praticante locale del buon bere con talvolta un pizzico di eccesso”?

  3. Lei ha perso completamente il con la realtà ed i suoi commenti ne sono la prova.Lei ed i suoi sodali dovreste farvi una sana autocritica sui motivi del completo fallimento del cosiddetto movimento no tav.Vi do un aiutino:infestare la Valle con la peggiore feccia della società non è stata una bella idea,tanto per cominciare… La gente ,che non è fessa,alla fine vi ha compresi per quello che siete.

  4. Si proprio aggressivi i NO CONTRO TUTTO, aggressivi contro le forze dell’ordine ecc, ecc. Ma LGGETE L’AMORE PROFONDO DELLE SFERE ALTE VERSO LE DIVISE.
    Impastato e la strage di Alcamo:
    nuove indagini sui misteri siciliani
    15 febbraio 2012 FRANCESCO VIVIANO
    Nel 1976, due carabinieri vennero uccisi in una casermetta. Due anni dopo, il giovane conduttore di Radio Aut
    fu trovato morto. In mezzo ci fu lo strano “suicidio” in carcere di uno degli accusati per l’assassino dei militari.
    Ieri, dopo 21 anni di carcere, è stato assolto uno dei tre condannati per quel fatto, riaperti i fascicoli.
    Dietro potrebbe esserci una vicenda più ampia che porta alla Gladio.
    TRAPANI – “Il depistaggio sull’uccisione di Peppino Impastato e quello sulla strage alla casermetta di Alcamo dove furono uccisi due carabinieri ed arrestati quattro innocenti (tra questi Giuseppe Gulotta che dopo 21 anni di carcere ieri è stato assolto ndr) sono oggetto di valutazione della Procura di Palermo e di quella di Trapani”.

    Lo dice senza se e senza ma il procuratore aggiunto di Palermo, Antonino Ingroia che insieme ai colleghi della Procura di Trapani, ha riaperto le due inchieste, quella sull’uccisione dei due carabinieri, Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta, avvenuta il 27 gennaio del 1976 e quella sul militante di Democrazia Proletaria, Peppino Impastato ucciso il 9 maggio 1978. Non solo ma c’è una terza inchiesta, quella sul “suicidio” di Giuseppe Vesco, anche lui accusato dell’uccisione dei due carabinieri di Alcamo, che fu trovato impiccato nella sua cella, nonostante fosse privo del braccio destro. Vesco era in prigione come gli altri tre “complici”, tutti torturati per estorcere loro una falsa verità. Il motivo? Secondo la procura è possibile che si volesse depistare indagini che avrebbero potuto portare molto in alto, che avrebbero potuto svelare, già negli anni ’70, l’esistenza della struttura militare “Gladio”.

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