Il Comune di Bussoleno grazie alla Regione, farà rinascere il celebre Mulino VARESIO, che diventerà così un nuovo spazio ricettivo-turistico in via Valter Fontan, zona che ospita già importanti centri per la comunità, come il salone polivalente “Palaconti” e la trecentesca “Casa Aschieri”, affidata ad associazioni locali.
Il progetto definitivo, predisposto dall’ufficio tecnico del comune, presenta una spesa complessiva di 99.500 euro: il contributo della Regione coprirà il 70% dei costi, per un totale di 69.650 euro.
Ed i restanti 29.850? Verranno prelevati dalle casse comunali, avendo la Regione, un limite massimo di 70.000 euro da erogare a favore dei paesi.
L’intervento regionale e comunale è finalizzato allo sviluppo, alla “rivitalizzazione” ed al miglioramento qualitativo delle località turistiche, come la bella cittadina valsusina di Bussoleno.
Sul sito del Comune di Bussoleno, c’è un’ampia pagina dedicata alla storia del Mulino Varesio, scritta dallo storico Luca Patria, che in parte riportiamo di seguito:
“L’attuale mulino Varesio che presenta un impianto novecentesco di vera e propria archeologia industriale che non ha eguali in val di Susa ha perdipiù alle sue spalle una storia ancora più lunga che affonda le sue origini nello stesso orizzonte cronologico tardomedievale dell’insediamento del borgo chiuso di Bussoleno. I signori dell’aristocrazia militare e i grandi enti ecclesiastici non perdevano l’occasione di controllare i mulini da grano per maggiormente poter condizionare i rustici e contadini che da loro dipendevano per il possesso della terra, per controllare le rendite agrarie e per creare legami sussidiari e obbligati a cui i contadini non potevano sottrarsi. Per quanto non si conosca la data d’impianto del mulino da grano del borgo chiuso essa dovette essere di gran lunga precedente alla costruzione della cinta muraria di Bussoleno. Infatti il mulino bannale risulta di esclusiva proprietà del consortile aristocratico bussolenese senza alcuna compartecipazione da parte del conte di Savoia che invece fin dal 1296 controllava nel villaggio il forno da pane. E’ pertanto verosimile che i mulini e le derivazioni dal torrente Gillardo fossero un elemento patrimoniale (ripaticum) dei Borello-San Giorio o dei de Secusia fin dall’XI o XII secolo, di cui il conte non riuscì mai a venire in possesso e che mai il consortile cedette o condivise con il suo senior. Ulteriore dato significativo è che Bussoleno in controtendenza rispetto ad altre comunità valligiane, da Susa ad Avigliana, non derivò gore o canalizzazioni dalla Dora in età medievale per azionare i suoi mulini, ma sfruttò i corsi torrentizi dei suoi affluenti con una sapiente ingegneria dell’acqua che garantì sempre la pratica molitoria e l’approvigionamento idrico dei coltivi e del borgo. Una derivazione diretta dalla Dora (oltre a non permettere più l’esclusione del conte dalla gestione dei mulini) avrebbe comunque aumentato i rischi d’esercizio per le variazioni di portata del fiume dal corso assai instabile e tumultuoso, nonché per il rischio di rovinose inondazioni con la distruzione dei manufatti e conseguenti, onerose ricostruzioni degli stessi. Nel tardo medioevo vi erano in Bussoleno, in sponda destra, quattro mulini. Due nel querceto (ravoyra) che stava arretrando di fronte ai continui dissodamenti e altri due nel borgo chiuso. Tutti sfruttavano l’acqua del torrente Gillardo. Nel Quattrocento uno dei mulini della Ravoyra fu trasformato in follone per pannilana e in pista per la canapa; nel borgo un mulino da grano (l’inferiore) fu trasformato nella pista per l’olio di noce, di cui vi era in Bussoleno una apprezzabile produzione, dopo aver funzionato brevemente a fine Trecento come macina per la senape (molendinum sinapisinum). L’impianto bussolenese è anche l’unico in val di Susa che risulti collocato all’interno di una cinta muraria medievale”.