di NORMA RAIMONDO
SANT’AMBROGIO – È un premio consegnato negli Usa, ma con radici in valle di Susa, quello conseguito venerdì 5 ottobre a New York dalla santambrogese Maura Ardu, di 46 anni, da tempo residente in America. Maura ha infatti conquistato il titolo di Miss Chef, assegnato non in virtù dell’avvenenza, bensì dell’abilità ai fornelli che ha ben dimostrato dinnanzi ai fuochi del Norma Restaurant di New York.
Presso l’esercizio, di proprietà dello chef Salvatore Fraterrigo, originario di Trapani, si è svolto il contest che vedeva in lizza alcune delle migliori donne chef, impegnate a valorizzare le ricette della tradizione culinaria della nostra penisola.
Nato nel 2012 e svoltosi per i primi due anni ad Ischia, il concorso è poi approdato nel 2014 in America, per una prima tappa internazionale. Quella appena conclusasi era l’edizione numero 5, la prima cui Maura ha preso parte. “Dell’esistenza di questa competizione – racconta la neo miss – io l’ho saputo da Chiara, una mia amica che vive anch’essa a New York e che sa della mia passione per la cucina. Ha letto un post su un social e me l’ha detto mercoledì 26 settembre, ma quel giorno ero a Boston per lavoro e non mi sono iscritta. La sera ho mandato la mia adesione e pochi giorni dopo sono stata contattata dai responsabili, che hanno subito dimostrato grande entusiasmo, spiegandomi che la loro ricerca fosse proprio rivolta a persone che non fanno lo chef di mestiere, ma che hanno una storia interessante alle spalle. Alla fine, tra le tante candidature pervenute, ne hanno scelte solo quattro. Ed una di quelle era la mia”.
Prima di entrare nel dettaglio della competizione, è necessario raccontare qualcosa della sua concorrente. Per molti anni titolare dell’hotel La Magnolia di Avigliana con la sorella Stefania, dal 2012 Maura risiede a New York, che la stregò nel corso di una visita avvenuta nel 2008. “Ho sempre avuto la passione per la cantante Madonna, ero innamorata degli Usa. Dopo quella breve esperienza sul suolo a stelle e strisce, mi resi conto che, una volta tornata in Italia, ogni tre per due parlavo dell’America. Non potevo restarne lontana e così, quando un amico mi propose di lavorare per lui, titolare di una ditta con sede a Firenze, la Nomination Italia che distribuisce gioielli made in Italy anche negli Usa, accettai la scommessa”.
Approdata in America nel 2010, Maura è poi definitivamente espatriata nel 2012, anche se le sue radici sono rimaste in Italia, in più regioni. In Piemonte, anzi in valle di Susa, dove è nata e cresciuta. In Sardegna, terra che ha dato i natali al papà ed in Calabria, della quale è originaria la mamma. “Sono diplomata perito costruttore aereonautico, ho fatto la restauratrice d’arte, poi quasi per scherzo sono approdata all’hotel a dare una mano a mia sorella Stefania. Ora, proprio io che mi vesto con semplicità, non uso accessori e sono ciò che di più distante esista dal fashion, vendo gioielli ed ho anche vinto un concorso da chef. Una cosa pazzesca, no?”.
Non poteva essere diversamente, tuttavia, perché Maura ha sempre avuto la passione per le cose fatte bene. “Sono sempre stata affascinata dalla cultura italiana e dal vivere il territorio. La strada del restauro che avevo intrapreso era anche parte di questo, il voler ridare luce e splendore a qualcosa rappresenta una sorta di restituzione, perché tutti possano godere del bello e della sua storia”.
Bene, conosciuta Maura, passiamo ora al racconto del concorso. La gara si articola in uno show-cooking con successiva degustazione dei piatti, che vengono giudicati da una giuria tecnica e da una istituzionale. Il verdetto delle due giurie si somma, designando la miss chef della tappa territoriale. Molti gli aspetti che determinano il voto: creatività, gusto, bontà, valore nutrizionale, presentazione, tempo impiegato per la sua realizzazione. “Dovendo proporre un piatto siciliano, avevo pensato ad un primo di pasta con pesce spada, arance, mentuccia e melanzane. Anche le altre concorrenti, però, volevano cucinare il primo. Non potevamo occuparci di tutto o presentare tutte la stessa portata ma dovevamo sceglierne una sola, differente per ciascuna, tra antipasto, primo, secondo o dolce. Così, per evitare che mi toccasse il dessert, in cui non sono particolarmente brava, ho subito ripiegato su un secondo”. Mai scelta fu più azzeccata, perché Maura ha deliziato tutti con un involtino di pesce spada adagiato su un letto di caponata. Detto così, sembra un piatto semplice, ma dal racconto della sua artefice quasi si sprigionano gli odori ed i sapori che riconducono alla nostra penisola.
“La caponata è un piatto piuttosto pesante, io ho pensato di cambiarne la ricetta. Ho preparato un involtino di pesce ripieno di capperi, olive, prezzemolo, aglietto e pomodoro fresco. L’ho passato cinque minuti nel forno a legna della pizzeria ristorante. Intanto ho spadellato melanzane e sedano con un filo d’olio. In un altro tegame ho spadellato peperoni in agrodolce, pomodorino, capperi di Pantelleria ed olive taggiasche snocciolate al coltello. Ho mescolato il contenuto delle due padelle, preparando una base su cui ho disposto l’involtino di pesce, guarnendo il piatto con la salsa agrodolce del peperone ed una foglia di basilico. Mentre presentavo il piatto e me stessa, vedevo i giurati affondare la forchetta nella portata e gustare compiaciuti, con uno sguardo quasi orgasmico. Lì ho capito che avrei avuto una chance”.
Completamente siciliano, il piatto tuttavia non era, perché il peperone era targato Piemonte. “Sorridendo l’ho raccontato ai giurati. Mia mamma ha un’amica che le ha insegnato una ricetta piemontese dei peperoni in agrodolce. Siccome l’amica abita in una zona di Sant’Ambrogio denominata Cascina Bertini, io li ho chiamati i peperoni di Cascina Bertini ed ho deciso di farli entrare nella composizione del piatto. Ma la mia contaminazione nordica non ha fatto cambiare loro idea sul verdetto”. Maura non è nuova agli esperimenti: anche decidere di lanciare il cuore oltreoceano è stata una scommessa, che si è rivelata essere vincente. “Sono arrivata nella grande mela da sola, sapevo che non sarebbe stato semplice, ho incontrato molte difficoltà. Il lavoro lo avevo, ma ho dovuto ricostruire la mia vita. Tra le tante passioni che mi hanno aiutata a superare i momenti di crisi c’è senza dubbio stata la cucina. Fin da bambina i miei genitori hanno insegnato a me e mia sorella a destreggiarci ai fornelli, siamo sempre state coinvolte nella preparazione dei piatti. Magari ci lasciavano il tocco finale, o chiedevano un aiuto durante la preparazione della ricetta, ma siamo sempre stati famiglia anche in quello, oltre che nel numero di commensali seduti al nostro tavolo”.
Naturale quindi che, ritrovarsi da sola, in una terra straniera, sebbene con un lavoro ed un alloggio, non sia stato semplice da digerire. “Cucinavo per me, apparecchiavo e mi sedevo, ma la casa mi pareva vuota. Ho imparato ad estendere inviti. Casa mia, in Wall Street, è diventata Casa Italia, dove gli amici sono i benvenuti. Sono diventata il punto di riferimento. Di americani, sì, ma soprattutto di italiani che sono lo zoccolo duro del via vai che c’è nel mio appartamento. Perché qui in America esiste molto la condivisione degli spazi, ma non la convivialità. Si dividono le spese dell’affitto, ma molti alloggi non hanno il tavolo e le sedie. Gli americani escono a mangiare fuori od utilizzano il take away seduti sul divano. Difficilmente cucinano per se stessi e la qualità delle materie prime è bassa. Sono molti i cibi conservati, tanti quelli già preparati, non c’è la cultura gastronomica che abbiamo noi in Italia. Prova ne è che da Eataly, che è sbarcato anche qui, tu vedi la gente che arriva e mangia, ma poca che fa la spesa e porta a casa i prodotti italiani”.
Maura, come si diceva, apre la porta di casa sua, coinvolgendo i suoi commensali nella preparazione dei piatti. “Cuciniamo di tutto, carne, pesce, verdure, biscotti, anche i ravioli fatti in casa. C’è chi stende la pasta, chi prepara il ripieno. Poi li cuociamo e mangiamo tutti insieme, conditi da quell’allegria che nelle case italiane è parte essenziale della comune esistenza. Ho un profilo Instagram che si chiama mamma_maura. Lì posto le foto dei nostri vari eventi e delle mie ricette”.
Di aneddoti curiosi sulla contaminazione italiana delle abitudini newyorkesi Maura ne avrebbe a iosa. Basti per tutti quello sul tacchino del Thanksgiving. “Un gallinaccio ripieno, dalla carne stopposa, che io trovo davvero immangiabile. L’ho sostituito con un carré di costolette di maiale, una corona che poi taglio a fettine e l’alternativa è piaciuta molto. Per me la cucina è un antistress. Mi rilassa e mi ricarica delle energie che poi destino ad altre attività, in primis il mio lavoro”. Un antistress che le ha dato una fascia che profuma di Mediterraneo, ma anche di quel gusto per la convivialità italiana, che Maura ha ben saputo esportare oltreoceano.
“Dedico la vittoria alla mia famiglia ed in particolare ai miei nipoti Gloria e Francesco, cui dico sempre che con le piccole cose si può diventare grandi. Si dice che se tu sopravvivi a New York sopravvivi ovunque. Credo sia così. I miei genitori sono stati maestri nell’insegnarci a fare le cose con passione e questo riconoscimento ne è la prova”. E, probabilmente, nella vita di Maura, non sarà l’unico.
“Come Miss Chef, lunedì 8 ottobre alle 11 ora americana dovrò aprire la sfilata del Columbus Day. In serata, invece, sono attesa al galà in programma al Consolato italiano di New York, con un parterre di tutto rispetto”. La copertura stampa della notizia dovrebbe essere disponibile dal 13 ottobre in poi, ma nel frattempo Maura potrebbe già aver stretto importanti contatti nel settore gastronomico. “Io un lavoro ce l’ho, ma mi hanno detto che abitualmente le vincitrici vengono contattate per collaborazioni anche di un certo livello. Non nego che ne sarei onorata, cucinare mi piace e sono molto felice che questa mia passione mi abbia condotta a questo risultato. Sono una commerciale, il mio lavoro è vendere e questa volta mi sono venduta bene”.
Anche se, in tema di acquisti, non esiste prezzo in grado di comprare uno degli ingredienti principali dei piatti di Maura, che è il piacere di ricreare il sapore di famiglia. Un gusto che non si trova dappertutto, essendo tipicamente tricolore.