Ho conosciuto Beppino Englaro anni fa davanti a un caffè. Prima, per me Eluana Englaro era solo un caso da studiare, una storia di cronaca. Mi aspettavo un uomo stanco di una battaglia portata avanti per anni, provato dallo scontro con l’opinione pubblica.
Beppino invece mi si è subito parato davanti con una stretta di mano decisa. Quando mi parla agita le mani e mi guarda dritto negli occhi. Non ha paura delle sue opinioni. Non ne ha mai avuta.
Ci rivediamo dopo un po’ di tempo, di nuovo davanti a un caffè.
– Non sei cambiato per niente.
Sorride. Lo sguardo deciso è sempre lo stesso.
– Da Eluana a dj Fabo: Beppino, cosa è cambiato?
– Sono due storie diverse. Nel caso di Eluana la questione era l’autodeterminazione. Nel caso del dj Fabo si contesta a Marco Cappato il suicidio assistito. Ma la gente oggi è pronta ad affrontare il tema. Oggi ci sono sentenze della Cassazione e del Consiglio di Stato. Noi non avevamo nulla. Partivamo da zero.
– Era tutta in salita. 20 anni di battaglie giudiziarie.
Poso la tazzina del caffè e gli domando se non ha mai pensato di mollare. Lui non mi fa neanche finire la domanda e il suo timbro di voce rauco si ingrossa.
– No. Non me lo potevo permettere. Per Eluana. Per quello in cui credo.
– In cosa credi?
– Nel rispetto per le persone. Tutto lì. Se no che ci stai a fare al mondo?
Beppino è disarmante. Ti aspetti che ti racconti la sua storia con pietà. Invece la sua porta comunicativa è la decisione e la rabbia.
– Un quarto di secolo di battaglie legali per affermare che nessuno ti può condannare a vivere. Non così, come Eluana. L’Eluana di turno deve poter dare il dissenso informato. Noi non abbiamo la vita, ma l’esistenza sì.
– Beppino, chi era Eluana?
Si distende. Guarda in un punto lontano come se vedesse un film.
Sorride. Finalmente.
– Eluana era una potenza della natura. In una lettera che ci ha lasciato per Natale scriveva “noi tre siamo un nucleo familiare basato sul rispetto”. Ci diceva spesso “Non posso che essere vostra figlia. Quello che sono me lo avete insegnato voi”. Ma lei era così, per natura. Noi abbiamo solo avuto il privilegio di averla come figlia.
Pausa. Finisce il suo caffè. Si guarda intorno.
– È un bel posto qui ed è una bella giornata.
Posa la tazza e sospira.
– Noi non avevamo bisogno di quella lettera per sapere come la pensava. Mollare la battaglia legale mi avrebbe distrutto. Quando abbiamo deciso, abbiamo deciso con lei, non per lei.
Sostiene il mio sguardo. Vuole accertarsi che abbia capito. E io ho capito. Faccio di sì con la testa, ripetutamente. Posso solo ascoltare e imparare.
– Tu sei un laico. Dov’è Eluana adesso?
Un altro sospiro. Silenzio.
– Laura…Il 25 di questo mese Eluana avrebbe 47 anni. Io sono un agnostico. Non credo che ci sia altro dopo la vita… Ma di lei mi manca tutto. Era una creatura splendida.
Vorrei prendergli una mano ma io sono una cinica. E Lui è un duro.
– La vicenda giudiziaria di Marco Cappato richiama le coscienze morali. Cambierà qualcosa?
– Stimo Marco Cappato. Sta conducendo una battaglia importante. Sai, ci sono due strade. Quella legale, la sua. Oppure il “fai da te”: ma quello non ha senso. Questi sono temi che non possono che essere affrontati dal punto di vista giuridico, che devono passare da disegni di legge compiuti e attraverso magistrati consapevoli che c’è una costituzione e il il diritto all’autodeterminazione.
– Rifaresti quello che hai fatto?
Mi sorride stringendo un angolo della bocca. È un sì senza parole.
– Sai Beppino, mi sarebbe piaciuto conoscere Eluana. Perciò, lo dedico a lei questo pezzo. Posso?
L’abbraccio finale è inaspettato e vale come un altro grande sì.