di MAURO MINOLA (dal blog ScuolaGuido)
GIAVENO – A 101 anni ci ha lasciato, un signore e un artista. Da Buja, dove era nato l’11 novembre 1920, Luciano Walter Pauluzzo aveva portato il suo carattere di friulano, tenace e creativo, asciutto nel fisico, elegante nei modi. Una famiglia di fornaciai, in giro per l’Italia, dove li portava il lavoro. Da Torino il padre gli porta la passione per il cinema e il suo destino. Non passerà la vita a cuocere mattoni, ma a costruirsi una carriera di fotografo e di cineasta. Inizia con la fotografia, alterna la fornace alla camera oscura. Diventa apprendista nello studio di Renato Barnaba a Buja e a San Daniele, poi ad Aosta, a Treppo Grande, a Buje d’Istria. Ma il suo amore è il cinema, studia, sperimenta e con i primi risparmi acquista proiettore e cinepresa Pathè Baby proprio dal maestro fotografo Barnaba. A guerra appena finita fa nascere nel 1945, con appena 33 metri di pellicola, il suo primo film: “Ricordi della guerra in Friuli”. «Autodidatta, figlio ideale di Melies e di Chaplin – scriverà di lui Stefano Martina dell’Osservatorio del cinema italiano – a soli 25 anni Pauluzzo ha già la sintassi cinematografica in punta di dita. Un regista che nessuna enciclopedia riporta… un talento che col cinema muto sintetizza il suo personale stile narrativo».
Nel 1947 Pauluzzo si stabilisce a Giaveno dove apre il suo studio fotografico. Il negozio è centrale, ma i primi mesi non sono facili. È proprio il cinema a farlo conoscere. Filma il passaggio del Giro d’Italia e lo mostra su un monitor in vetrina: si formano code e aumentano i clienti.
Continuerà a produrre film muti fino ai primi anni Sessanta. Piccole storie di vita quotidiana, minimaliste, ma condotte con senso del drammatico e un pizzico di humor. Emblematico il film “Piccola tragedia“ pubblicato su Youtube dal figlio Silvano. La vicenda vera e propria è introdotta da brevi note autobiografiche proposte dallo stesso Walter, essenziali ma impreziosite dalla cadenza friulana mai abbandonata.
E non ha mai abbandonato la sua passione per il cortometraggio muto, lasciando comunque un patrimonio prezioso di documentazione fotografica e filmica, grazie alla sua precocità e alla sua capacità di cogliere il territorio, il lavoro, la quotidianità. I suoi filmati dedicati a Buja prima, durante e dopo il terremoto accompagnano, per iniziativa dell’Associazion culturȃl El Tomȃt, la raccolta di poesie di Maria Forte “Vôs disdevore” . Grazie al suo lavoro Buja può vantare anche rari documentari legati al lavoro nei campi, alle sue acque e a spaccati della quotidianità degli Anni Quaranta, editati dal Tomât.
Buja nel 1995 gli rese omaggio dedicandogli in sala consiliare una serata-evento a cento anni dalla nascita dei cinema e il suo film dedicato al padre Giobatta, “Tite, cavaliere di Vittorio Veneto”, ebbe una menzione d’onore al festival “Un Film per la Pace” del 2006. L’anno scorso in occasione dei 100 anni la sua città di adozione gli ha consegnato una pergamena, ringraziandolo per aver immortalato le immagini e le tradizioni di Giaveno.