di PAOLA TESIO
GIAVENO – Ad oggi sono 48 i migranti ospitati a Giaveno. E’ questo uno dei dati emersi nell’incontro organizzato dal Comune insieme alla Prefettura e alle due cooperative che si occupano dell’accoglienza in città (Babel ed Edu-Care). L’incontro è stato moderato dal giornalista Fabio Tanzilli, cronista del Corriere della Sera e direttore di ValsusaOggi. Per l’amministrazione comunale sono intervenuti il vicesindaco e assessore alle politiche sociali Enza Calvo e il consigliere Marco Carbone. Gli altri relatori erano Donatella Giunti, funzionaria della Prefettura di Torino, e i responsabili delle due cooperative che hanno centri dislocati nelle aree giavenesi di borgata Brancard Monterossino e borgata Buffa: il presidente Enrico Forte della cooperativa Babel e Barbara Cristina Zangelmi di Edu-Care.
Attualmente i migranti sono ospitati in due zone: a Brancard Monterossino ci sono 8 persone (6 di queste dovrebbero essere trasferite nei prossimi mesi in borgata Roccette), mentre le altre 40 sono nella struttura di borgata Buffa.
Una delle notizie emerse durante l’incontro riguarda un progetto aggiuntivo per l’accoglienza: seguendo l’esempio di altri Comuni della Val Susa e del Torinese, il vicesindaco Calvo ha annunciato che anche Giaveno aderirà allo Sprar (Sistema di protezione richiedenti asilo rifugiati), che viene gestito dai singoli Comuni o in forma associata tramite Unioni Montane o consorzi socio-assistenziali. Iniziative analoghe si stanno realizzando da tempo ad Avigliana, Caprie, Almese e Villar Dora.
Comunque sia, a Giaveno non aumenterà il numero di migranti: “La quota destinata a Giaveno sarà sempre massimo di 50 posti” ha precisato la Giunti. La funzionaria della Prefettura ha elogiato l’attività svolta a livello di Val Sangone: “A seguito del nostro monitoraggio abbiamo verificato che a Giaveno, Trana e Coazze i progetti funzionano bene, in quanto si tratta di realtà dove le associazioni sono molto attive e si collabora bene, non si riscontrano problemi con gli ospiti”.
TEMPI LUNGHI PER IL TRASFERIMENTO DEI MIGRANTI A BORGATA ROCCETTE
Il giornalista Tanzilli ha chiesto alla cooperativa Babel e al Comune come mai non è ancora avvenuto il trasferimento di una parte di migranti (6 su 8 totali) dalla borgata Brancard Monterossino a Roccette, annunciato da tempo. Il contratto con il proprietario è già stato firmato, ma è tutto fermo. Come rivelato a marzo da ValsusaOggi, il trasferimento è stato rinviato perchè c’è un problema agli allacci delle fognature dell’abitazione destinata ai migranti. Il tutto era stato segnalato da alcuni residenti proprio con una lettera mandata alla prefettura.
Enrico Forte della cooperativa Babel ha replicato: “Abbiamo accolto la richiesta della cittadinanza di borgata Brancard abbassando il numero di migranti ospitati, che ad oggi sono soltanto otto e sono tutte persone che hanno fatto un ottimo percorso di integrazione, vanno a scuola, seguono dei percorsi formativi tra cui corsi d’italiano e per il raggiungimento della terza media. Alcuni di loro hanno dei tirocini attivati, altri dei contratti regolari sul territorio e lavorano nell’ambito della ristorazione. Per questa ragione sarebbe stato impensabile sradicarli e trasferirli altrove, pertanto abbiamo individuato un’altra abitazione in borgata Roccette. C’è però stato un problema tecnico, tra Comune e proprietario, connesso alla mancanza di allacci fognari. Questo rallentamento ci ha causato difficoltà enormi, perché avevamo regolarmente stipulato un contratto di affitto, fatto dei lavori di ristrutturazione e di allestimento. La casa era pronta da tempo e adesso attendiamo solo la sistemazione degli allacci”.
Il consigliere comunale Marco Carbone ha spiegato che tocca alla Smat risolvere il problema a Roccette: sono stati programmati già degli interventi per alcune abitazioni della borgata, ma i lavori non sono ancora iniziati. Fino a quando la Smat non avrà risolto la questione, i migranti non potranno trasferirsi. “Il problema fognature esiste da tempo e non è l’unico contezioso che abbiamo con la Smat – ha detto Carbone – ho personalmente pianificato un incontro con il presidente Paolo Romano per discuterne. Molte borgate lamentano da tempo questa condizione, che non dipende dall’amministrazione di Giaveno, ma dalla Smat. Visto che tanti residenti non sono ancora allacciati alla rete fognaria, andremo a discutere globalmente il problema su questa e altre realtà. Abbiamo ritardi su vari lavori promessi da tempo che non sono stati ancora realizzati dalla Smat. Queste opere non sono a carico nostro. Ricordo una riunione di cinque anni fa fatta con una delegazione delle borgate e le lamentele da parte dei cittadini, parliamo di criticità che vi sono da tempo, e che erano già esistenti prima del nostro insediamento”.
Ma in attesa che la Smat realizzi tutte queste opere a Roccette e non solo, ipotizzando che i tempi saranno lunghi, in tutta Giaveno la cooperativa non potrebbe trovare un’altra collocazione per i 6 migranti? I referenti di Babel hanno detto che non è semplice trovare case “adeguate” sul territorio: “Dal 2014 stiamo cercando alloggi per adibirli all’ospitalità dei ragazzi, ma non è facile. Avevamo trovato un altro immobile in una borgata più vicina al centro di Giaveno, che in passato era usato come bed and breakfast…ma abbiamo scoperto che neppure quella casa era a posto con tutte le normative burocratiche. Perché per partecipare ai bandi ed attivare centri accoglienza dobbiamo produrre tutte le certificazioni richieste, tra cui la staticità degli edifici, cose che non chiedono neppure ai locali pubblici. Purtroppo a Giaveno e nelle borgate di montagna ci sono vari problemi, come quelli degli scarichi fognari”.
LA SITUAZIONE DEI 40 MIGRANTI IN BORGATA BUFFA
Zangelmi della cooperativa Edu-Care ha illustrato le attività svolte con i migranti in borgata Buffa: “Attualmente abbiamo 40 persone. Alcune sono andate via, qualcuno è stato allontanato…a volte capita. Altri sono stati trasferiti in sedi diverse per seguire un iter di inserimento lavorativo. I nostri ragazzi vanno tutti a scuola e ritengo che imparare la lingua italiana sia la prima chiave per inserirsi. È importante saper comprendere e sapersi esprimere correttamente anche nell’ambito lavorativo dalla macro-realtà, come una multinazionale, alla micro-realtà, come l’inserimento lavorativo presso un artigiano. Alcune aziende stanno portando avanti dei corsi di italiano legati al linguaggio tecnico delle professioni. È un passaggio importante perché abbiamo avuto dei ragazzi cingalesi che sono stati assunti per la mungitura, ma avendo carenze nella comunicazione non riuscivano a capire le nozioni tecniche a loro impartite. A proposito della scuola, avevamo più volte richiesto la possibilità di avere una sede per fare le lezioni a Giaveno, per evitare ai ragazzi continui spostamenti ad Avigliana e per ridurre le spese. Erano stati trovati dei locali e degli insegnanti avevano dato la disponibilità. Con il Comune era stata individuata la possibilità di attivare una borsa lavoro per un’addetta alla pulizia degli spazi. Purtroppo ci siamo arenati perché dal Cpia di Rivoli (Centro provinciale dell’istruzione per gli adulti) non è arrivata la disponibilità di attivare a Giaveno un centro di educazione”.
LE DOMANDE DEL PUBBLICO SU COME VENGONO SPESI I SOLDI E SUI VACCINI
Tra le domande del pubblico, un’insegnante ha chiesto chiarimenti sull’utilizzo dei fondi da parte delle cooperative, portando l’esempio positivo di quanto viene fatto in Val Chisone dalla Diaconia Valdese, dove ad esempio le cooperative acquistano i materiali nei paesi dove svolgono le attività di accoglienza, garantendo delle ricadute “d’indotto” ai negozi, e non solo. Mentre Roberto Usseglio Viretta di Forza Nuova ha chiesto informazioni sulle pratiche vaccinali previste per gli immigrati: “Dato che i vaccini sono obbligatori nelle scuole, questo viene previsto anche per le persone ospitate nei centri di accoglienza? Inoltre vorrei sapere se viene fatto un monitoraggio per le malattie infettive a Giaveno”.
Donatella Giunti ha risposto ai vari dubbi: “Per quanto concerne i fondi, questi vengono erogati al massimo 35 euro per persona accolta e vanno destinati alla cooperativa, esclusivamente per chi effettivamente è preso in carico. Quando una cooperativa si aggiudica un bando, viene assegnato un numero di posti al centro di accoglienza: se però tutti i posti disponibili non vengono occupati, le somme erogate riguardano solo le effettive presenze. In quei 35 euro destinati alle cooperative, 2,50 euro al giorno vengono utilizzati come pocket money e dati ai singoli migranti, il resto viene speso per l’accoglienza: vitto e alloggio, vestiario, kit igienico sanitario, trasporto, stipendi degli operatori. Anche in questo caso c’è uno strettissimo controllo da parte della prefettura, controlliamo il Durc, la certificazione antimafia, gli importi delle buste paga e le ore effettive degli operatori in servizio nonché le fatture emesse. Tutto deve essere rendicontato nel modo opportuno. Se non ci sono certezze e spese documentate le fatture non vengono pagate: abbiamo degli obblighi di rendicontazione e siamo a nostra volta sottoposti al controllo della Corte dei Conti e della ragioneria dello Stato, inoltre come dipendenti pubblici abbiamo una responsabilità individuale. Vi sono inoltre dei benefici sul territorio, in quanto gli operatori assunti dalle cooperative sono quasi sempre persone del posto che vivono nel paese o nelle aree limitrofe, in quanto sarebbe dispendioso utilizzare del personale che arriva da lontano. Inoltre vi sono positive ricadute economiche per l’affitto delle abitazioni”. Sulle ricadute degli affitti in ambito locale, l’assessore Enza Calvo ha precisato: “Il Comune non è un’agenzia immobiliare, ma molti cittadini si sono recati da noi per sapere come poter affittare i loro immobili alle cooperative. Gli abbiamo semplicemente passato i nominativi” .
QUANTE PERSONE LAVORANO NELLE COOPERATIVE A GIAVENO?
Il direttore Tanzilli ha chiesto quanti posti di lavoro danno le cooperative a Giaveno. I referenti della Babel hanno risposto: “Sul territorio abbiamo 2 persone assunte che si occupano tutto ciò che riguarda l’accoglienza ordinaria, senza dimenticare gli altri operatori che vengono periodicamente che curare i vari progetti”. Zangelmi di Edu-care ha dichiarato: “Per la struttura di borgata Buffa lavorano 5 persone: 3 full time e 2 che invece operano per le necessità legate al quotidiano, seguendo i ragazzi e nei vari percorsi di accompagnamento”.
“I MIGRANTI SONO TUTTI VACCINATI”
Rispondendo alla domanda di Usseglio Viretta, Donatella Giunti ha precisato: “I nostri ragazzi si ammalano come tutti gli altri italiani. Quando arrivano al centro di Settimo Torinese, il personale della Croce Rossa italiana si occupa di effettuare lo screening sanitario. Il responsabile del servizio, il dottor Roberto Raffaele Pepe, fornisce le indicazioni su cosa è opportuno fare o non fare. Inoltre ad ognuno di loro viene assegnato un medico di base per i controlli e le prescrizioni. A livello generale alcuni sono affetti da epatite A oppure B, come del resto capita anche sul territorio nazionale. Per oltre diecimila persone visitate dalla Croce Rossa, i pochi casi sospetti di tubercolosi sono stati inviati agli ospedali per ulteriori controlli e poi curati. Non ci risultano persone con presenza di patologie infettive, abbiamo avuto dei casi in dialisi o alcuni con la leucemia. Non abbiamo riscontrato nessuna epidemia e i migranti vengono tutti regolarmente vaccinati”.
I PROBLEMI TRA UNA FAMIGLIA RESIDENTE E I MIGRANTI A BRANCARD MONTEROSSINO
Durante l’incontro si è dibattuto a lungo sui problemi di coabitazione tra una famiglia residente e il centro di accoglienza di borgata Brancard Monterossino: le case sono tutte vicine e hanno il cortile in comune. Inizialmente a Brancard la cooperativa aveva collocato 19 migranti, quasi al pari della popolazione della borgata. Poi nel corso del tempo il numero è diminuito, riducendosi a 8 persone. Questo aspetto è stato sottovalutato e nel tempo ha creato una serie di difficoltà, secondo quando ha spiegato il vicino di casa del centro di accoglienza, Euseubio Marcelin Burca: “Ad agosto 2014 è incominciato il progetto di ospitalità dei richiedenti asilo. Dato che il centro è stato insediato nel luogo in cui noi abitavamo, dalla cooperativa o dal Comune avrebbero dovuto avvertirci, visto che ci sono degli spazi comuni, invece siamo stati avvisati dalle persone che venivano a fare i lavori, ma non dalle autorità competenti. All’inizio non ci sono stati problemi, il primo inverno è trascorso tranquillamente. I ragazzi però non avevano nulla; mia moglie si è accorta che pativano il freddo, così abbiamo guardato nell’armadio e consegnato ad ognuno di loro delle maglie a maniche lunghe. Finita la stagione fredda, i ragazzi hanno incominciato ad uscire e sono iniziati i primi problemi di convivenza. Gli ospiti sono arrivati persino ad essere una ventina in case molto piccole, con un solo ingresso. Noi abbiamo semplicemente detto di rispettare gli spazi comuni e di non lasciare le cicche di sigarette in giro; all’epoca mio figlio aveva un anno e giocava nel cortile. I ragazzi si sono infastiditi e gli abitanti della borgata hanno preso posizione: nel 2016 abbiamo presentato ai carabinieri un primo esposto congiunto. Non hanno neppure valutato che in una borgata di meno di venti residenti ospitare così tanti rifugiati avrebbe creato un disequilibrio. Nonostante le mie successive segnalazioni in prefettura e denunce nessuno, né amministratori, né prefettura, mi ha aiutato, e così da un anno siamo andati a vivere in un altro alloggio, non abito più in casa mia: siamo una famiglia monoreddito con due figli, mia moglie è disoccupata e mi pesa pagarmi altre spese, in più ho dovuto continuare a sobbarcarmi il mutuo di 400 euro dell’abitazione che ho dovuto lasciare. A differenza di altre realtà, in cui vi è sempre presente un operatore, in questo centro non c’è mai stata una persona fissa dell’associazione e non c’è neppure stato un incontro con un mediatore. I problemi per me non sono stati risolti; si risolveranno solo quando il centro e tutte le persone ospitate verranno trasferiti altrove. Solo a queste condizioni potrò finalmente far ritorno a casa”.
Donatella Giunti ha replicato: “È vero che la borgata è piccola, ma i numeri vengono assegnati sulla base del territorio complessivo di Giaveno” Enrico Forte della cooperativa Babel ha aggiunto: “I ragazzi ospitati attualmente a Brancard non rimangono nel centro di accoglienza durante il giorno, perché soni impegnati nei vari programmi e hanno trovato delle occupazioni, per cui escono al mattino e ritornano la sera. Siamo intervenuti molte volte insieme ai carabinieri a seguito delle decine di segnalazioni fatte, ma che ad oggi non sono state confermate dai fatti e infatti non è mai corrisposto un atto di forza pubblica o procedimenti penali a carico dei migranti”.
In seguito alle affermazioni fatte pubblicamente nei loro confronti, Fakhar Abbas, portavoce dei ragazzi ospitati a Brancard Monterossino dichiara: “Siamo molto dispiaciuti per le parole che sono state dette nei nostri confronti. Recentemente avevo piantato dei fiori per abbellire il cortile comune e li avevo messi vicino alle nostre case, ma sono stato denunciato per questo dal proprietario della casa. Ho provveduto a togliere i fiori, ma è rimasta la denuncia nei miei confronti”. Per quanto riguarda le critiche espresse durante l’incontro, aggiunge: “Sono state dette cose molto brutte e non vere nei nostri confronti. Andremo tutti insieme dalle autorità competenti per dare la nostra versione. Siamo rimasti solo in otto, nessuno di noi fuma o beve o si comporta male, siamo tutti integrati e alcuni di noi lavorano sul territorio. Abbiamo sempre dato una mano in Comune anche per lavori di pubblica utilità, come mettere a posto i giardini pubblici o pulire le strade dalle neve”.
Forse uno studio accurato prima dell’insediamento del centro di accoglienza a Brancard, un incontro informativo con il proprietario o perlomeno una suddivisione degli spazi comuni, avrebbero evitato tutti questi dissapori, che nel tempo si sono cronicizzati e rischiano di degenerare in episodi che probabilmente sono stati sottostimati.
In borgata Roccette potrebbero esserci altre difficoltà di tipo logistico, come l’ulteriore lontananza dal centro cittadino e la mancanza di copertura del segnale Gsm che rende difficoltose le comunicazioni, soprattutto per chi lavora e ha necessita di ricevere messaggi e chiamate. I problemi potranno essere definitivamente risolti con il trasferimento dei richiedenti asilo in borgata Roccette, ma ciò sarà possibile soltanto quando verranno realizzati gli allacciamenti.
I VECCHI PROBLEMI DI BORGATA BUFFA
Durante le domande del pubblico, il residente Dario Barone ha espresso delle lamentele per il centro di accoglienza gestito dalla cooperativa Edu-Care: “Anche nel nostro caso nessuno ha informato gli abitanti dell’insediamento. Quando ho visto i lavori, ho chiesto delucidazioni. Come residenti abbiamo avuto dei problemi tempo fa perché c’erano degli ospiti che giocavano a pallone sino alle due di notte. Ho chiesto di incontrare il sindaco per esporre la problematica, ma non mi ha voluto neppure ricevere”. Alle lamentele ha replicato la vicesindaco Calvo: “Io sono sempre disponibile e ricevo tutti, il signor Barone poteva venire da me”. Il consigliere Carbone ha aggiunto: “Sono andato più volte alla Buffa e i problemi riscontrati in passato ormai sono stati risolti”.
La Zangelmi ha aggiunto: “Non ci sono stati più episodi di schiamazzi notturni e altro, si tratta di segnalazioni avvenute tempo fa e ormai superate”.
Forse finalmente metteranno un ripetitore x i telefoni, altrimenti poveretti!!!