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di GRAZIA GERBI
GIAVENO – Un saluto ad uno degli ultimi custodi dei pascoli alti Gino Giai Via delle Prese Brunet. Credo che a tutti noi, che andiam per boschi e sentieri, sarà capitato di incontrare “Ginu”, lui che con le sue bestie passava le giornate estive sui pascoli del Col Bione.
Gino che, con il figlio e la nuora Anna, era un riferimento per tutti i viandanti dello spartiacque tra la nostra valle e quella di Susa. Un pensiero va dunque a quell’uomo che aveva parole per chi voleva fermarsi ed ascoltare, aveva segreti e saperi da tramandare, aveva nelle mani l’arte del fare.
A tutti, noi nel sapere della sua morte é corso il pensiero al faggio della Biancera, caduto nello scorso mese di dicembre con il peso secolare dei suoi probabili duecento anni. È infatti venuto spontaneo fare delle analogie intravvedendo quel filo conduttore che unisce uomini e terra. Un legame forte di cui Gino era allo stesso tempo corda e nodo.
Albero e uomo entrambe grandi vecchi, testimoni di un tempo passato attraverso autunni ventosi, inverni nevosi e primavere tardive. Entrambe testimoni di una guerra combattuta per lo più sulle montagne, di storie di innamorati, di fieno maturo e di autunni abbondanti di frutti di bosco. “Ginu” testimone sapiente dello spopolamento delle borgate montane sapeva di essere parte vivente del racconto del “mondo dei vinti”, nato di una generazione che ha assistito ad un cambiamento del vivere quasi epocale, come forse mai era capitato fino ad ora.
Per tutto questo, o forse perchè il nostro tempo ha sempre più bisogno di ricordare persone come “Ginu” nate dalla terra e ad essa appartenuti, a me piace ricordarlo all’alpeggio Brunetti, la sera al rientro dal pascolo, sigaretta in mano sguardo verso la valle che si accende, pensieroso ma allo stesso tempo pieno di un vivere lento ma che lo appagava molto di più del nostro frenetico procedere.
Aleghe quindi e a presto quando di sicuro ti ritroveremo quale maestro di un mondo che via via ci lascia.
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