GLI AIB DI COAZZE E DELLA VALSUSA NELL’INFERNO DI FUOCO DELLA SICILIA: LA TESTIMONIANZA

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di PAOLA TESIO

VAL SANGONE/ SICILIA – «Essere giovani vuol dire avere fiducia in uno scopo e lo scopo è la ragione per cui uno cammina. Se uno non ha uno scopo non si protende più e davanti alla realtà dice: “Chi me lo fa fare, sta’ calmo»’’, cosi sosteneva Luigi Giussani nei dialoghi pubblicati nel libro “Realtà e giovinezza” in cui discuteva sull’importanza degli ideali e del significato autentico del vivere, sottolineando  come la parola “cuore” sintetizzi le urgenze che mettono in moto l’uomo sulla strada per ritrovare le domande costitutive dell’esistenza:  «Imbattersi in persone in cui quelle domande sensibilmente determinino ricerca, aprano a una soluzione, provochino pena o gioia. Allora la montagna di sassi rotola via».

Una metafora che si ascrive al duro lavoro che i giovani piemontesi dell’Aib, anche provenienti dalla Valsusa e dalla Valsangone, hanno compiuto recentemente recandosi in missione in una Sicilia devastata e dilaniata dagli incendi, tra roghi complicati dal caldo torrido e da criticità che hanno saputo superare, stupendo per il loro modo di agire, attaccando il fuoco con le pale fin su dove soltanto loro sono stati in rado di raggiungerlo.

Valsusaoggi ha intervistato il volontario degli Aib di Coazze Federico Dovis, che ha descritto quest’esperienza attraverso una significativa testimonianza.

Quando siete partiti? 

“In qualità di capo colonna sono partito domenica 8 agosto verso le 18 da Villar Dora, con l’ausilio di due mezzi. Siamo arrivati ad Enna il lunedì successivo intorno alle 14 compiendo la tratta in venti ore. Al martedì altri dodici volontari sono giunti in aereo”.

Nel  gruppo del Piemonte quanti componenti della Valsangone ?

‘’La direzione Aib Piemonte ha inviato a Enna vari volontari provenienti da differenti squadre della Provincia di Torino. Della Valsangone io e Martino Pettigiani dislocati in Sicilia, mentre Mauro Lussiana in Calabria. Altri provenivano dalle squadre di Torre Pellice, Caselette, Givoletto, Piverone, Piossasco, Pinerolo: tutti ragazzi giovani, con i miei trentadue anni ero il più anziano’’.

Non sempre è facile trovare braccia nuove, soprattutto in un settore rischioso come questo, la presenza di tanti giovani è un valore aggiunto.

“I capi squadra ovviamente hanno maturato più anni di esperienza, con un età media di cinquant’anni, il resto dei componenti tutti giovani; infatti, l’ispettore provinciale nell’inviare questi ragazzi, di cui il più piccolo di soli diciannove anni, si è dimostrato molto sensibile per via della loro età, preoccupandosi per questa nuova esperienza in quella che per molti versi potremmo definire una terra straniera ’’.

Puoi spiegare quali differenze operative e criticità avete incontrato?

‘’Innanzitutto, si è trattato di una missione mai fatta in un’altra regione sul fronte del fuoco, non si sapeva a cosa esattamente si andasse incontro, un frangente sicuramente rischioso. Però la fiducia riposta in questi ragazzi ha dato i suoi frutti; non per vanto ma abbiamo realmente dimostrato ad un’intera regione come si lavora sugli incendi boschivi. All’interno della squadra, costituita interamente da volontari, c’erano dei ragazzi che erano alla loro prima esperienza e non avevano mai visto un incendio essendo appena entrati nell’organico ed avendo terminato recentemente i corsi: nonostante tutto hanno saputo gestire la situazione in modo sorprendente, affrontando le criticità senza nessuna paura, come se fossero sempre stati operativi nell’Aib. A loro esprimo tanti complimenti!”

In quanti eravate provenienti dal Piemonte?

“Diciotto persone compresi i capi squadra, attrezzati con cinque Pick Up antincendio, un trasporto persone e un’officina mobile per aggiustare i mezzi con tutti i ricambi necessari”.

 

Bisognerebbe sempre calcolare i rischi e i benefici di certe abitudini soggette  ad errore umano o a condizioni estremamente sfavorevoli: anche da noi in Valsangone molti incendi sono partiti proprio dalle pratiche di abbruciamento delle sterpaglie…

“Infatti. In Sicilia questi incendi boschivi andavano ad intaccare le case mettendo a rischio la popolazione. Ci sono altre dinamiche complesse: per esempio alcuni cittadini lamentavano che da anni andava a fuoco il loro terreno e in certe situazioni di disperazione avrebbero voluto abbandonare l’Isola’’.

Puoi raccontare qualche intervento nello specifico?

‘’Quando sono arrivato sono andato ad operare in un incendio molto esteso sopra Palermo; abbiamo prestato soccorso fino a notte fonda e siamo rientrati in Hotel intorno alle tre di notte. Il giorno dopo hanno dato fuoco proprio lì dove alloggiavamo; le fiamme hanno lambito la struttura fino a scogliere le persiane delle camere. Ogni giorno le squadre venivano mandate in posti diversi, in sostanza facevamo anche pattugliamento e questo avrebbe dovuto avere una funzione deterrente. Non appena vedevamo del fumo in lontananza comunicavamo la località e ci dirigevamo verso il sito che essendo a distanza di chilometri dall’avvistamento una volta raggiunto era già completamente arso ed occorreva l’ausilio del Canadair anche a causa della forte siccità. Nel comune di Barrafranca in una giornata si è arrivati a temperature di oltre 48 gradi ’’.

Operando nei nostri territori montani dove vi sono borgate difficilmente raggiungibili, siete abituati ad arrampicarvi per chilometri persino in zone  impervie e come suggerivi tu alla base c’è una preparazione specifica per gli incendi boschivi

‘’Occorre precisare che si tratta altresì di incendi differenti: da noi brucia maggiormente il sottobosco, quando c’è il vento forte ovviamente si dirama alle chiome; in Sicilia ci sono gli eucalipti, piante oleose ed estremamente difficili da spegnere che favoriscono il propagarsi delle fiamme, inoltre l’avena che resta sui terreni, le “cannuccette”, hanno un potere calorifero impressionate, scaldano molto e le fiamme che si propagano raggiungono cinquanta metri. Salire con i mezzi in quei campi è abbastanza rischioso perché anche con il 4×4 le ruote tendono a slittare’’.

Oltre alla siccità avete avuto carenza di acqua?

“Pensavo ci fosse carenza, del resto abbiamo constatato che i fiumi erano asciutti, ma c’erano dei laghi e la possibilità di usare acqua che durante gli interventi non è mai mancata”.

Puoi raccontare i frangenti più difficili che avete affrontato?

“Qualcuno ci ha detto che al nostro rientro sarebbero ritornati fuoco e fiamme. A parere del funzionario della Provincia che gestiva l’emergenza antincendio il nostro intervento, anche solo nell’essere presenti, ha costituito un ottimo deterrente che non si era mai attuato prima perché la preparazione del Piemonte e della Lombardia sugli incendi boschivi ha fatto davvero la differenza. A Pergusa alloggiavamo insieme ad un’associazione del Parco Ticino che operava esattamente come noi, eravamo dieci equipaggi complessivi di cui cinque dell’Aib dislocati in altrettante  dieci zone differenti della Provincia, in pratica venivamo percepiti come un esercito sul territorio per la presenza attiva,  l’attrezzatura che abbiamo portato, i mezzi. L’associazione del Parco Ticino era dotata persino di un Iveco Scout. Tutti ragazzi che si sono comportati in modo encomiabile e come ho già raccontato, quando il fuoco è stato accesso a ridosso dell’Hotel la situazione si è rivelata estremamente rischiosa, mai vissuta prima, eppure hanno saputo gestire le emozioni. Sono rimasto stupefatto che nessuno dei nostri giovani abbia mai avuto un solo momento di paura o tentennamento, infatti, mi sono congratulato con loro. Ci è capitato un episodio: dovevamo caricare acqua negli idranti del paese presso i vigili del fuoco; da noi per 1000 lt ci vogliono una decina di minuti, li un’ora. Quando abbiamo attaccato il tubo usciva un filo di acqua soltanto perché vi era una pressione estremamente ridotta, quel tempo era prezioso, ci siamo accorti del problema e abbiamo immediatamente sistemato l’idrante e siamo arrivati molto più velocemente con i serbatoi pieni sul sito”.

Che tipo di innesti sono stati trovati?

“Noi non ne abbiamo mai trovati perché non si arrivava in tempo, la zona è talmente vasta che non si riesce a capire quale sia l’area esatta che brucia per prima. Le persone del posto ci hanno detto che per aver tempo di scappare i piromani utilizzano degli innesti che agiscono in ritardo ’’.

Quali sono state le aree di intervento in cui avete operato?

‘’Personalmente sono intervenuto al parco delle Madonie, Nicosia, Calascibetta, Enna, Pergusa, Gela, Niscemi, Barrafranca e nella pineta di Floristella-Grottacalda, completamente andata a fuoco. Quando abbiamo avvistato il fumo a circa trentacinque chilometri di distanza ci siamo catapultati lì attraverso un brulicare di strade bianche e sterrate, ma ormai la pineta era già interamente arsa e nonostante fossimo solo in tre siamo riusciti a spegnere’’.

È stato compreso che questo modus operandi si è rivelato essere il metodo migliore per fronteggiare il fuoco?

‘’Sì, comprendevano. Personalmente con il mio equipaggio, abbiamo fatto mezza giornata di formazione ad un’associazione di Enna a cui abbiamo illustrato il nostro modulo operativo, insegnato ad usare la lancia ad alta pressione che spruzza acqua lontano, i volontari erano contenti perché avevano potuto imparare nozioni utili e nuove’.

La popolazione come vi ha accolti?

“La popolazione secondo me era felice della nostra presenza. Quando siamo andanti a spegnere il parco delle Madonie ci siamo trovati  innanzi un fronte fuoco gigantesco, visibile da lontano, per fare un paragone sembrava che bruciasse tutta la Valsangone, ricordo che  quando siamo scesi giù al termine dell’intervento alle tre e mezza del mattino, siamo stati ospitati in un Bar dove la proprietaria e un cliente ci hanno offerto dei ristori,  fuori era pieno di gente che stava ascoltando la musica, si sono fermati ed hanno iniziato ad applaudirci e ci hanno ringraziati: è stato un momento commuovente. Le persone del posto hanno creduto in noi, alcuni invece trovavano strano che facessimo tutto questo per volontariato, rischiando la vita. Ho spiegato che per noi era normale. Un altro momento emozionante è stato prima di partire quando ci siamo recati a Enna presso il comando provinciale dei vigili del fuoco dove insieme ai membri delle associazioni antincendio boschivo ci hanno salutati a sirene spiegate e guidato in colonna per il centro e le strade dell’intero paese”.

L’Aib Coazze sta attuando una raccolta fondi per l’acquisto di un nuovo mezzo antincendio, è possibile contribuire con una donazione mediante Iban IT64C0200830400000040965648 previo contatto sulla pagina Facebook.

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