di FEDERICO ACQUARONE
La manifestazione di sabato può aver sviato il giudizio di qualche osservatore per quanto esperto delle questioni locali. Ci assumiamo parte delle responsabilità come promotori.
Certamente però la copertura giornalistica non ha contribuito, come troppo spesso accade, a descrivere il corretto contesto dell’evento.
Se ben ricordiamo, nei giorni precedenti sono stati pubblicati sui principali quotidiani articoli superficiali con forti perplessità e col solito accento su probabili tensioni, scontri e via discorrendo.
Servizi informativi o tentativi di discredito ancor prima di aver verificato i fatti? Il giornalismo sta assomigliando sempre più a quel cattivo giudice che basa le sue sentenze sul pregiudizio, anziché sulla onesta valutazione dei fatti. Ed ancor peggio, perché in vari casi questo pregiudizio si basa su molto poco professionali tifoserie politiche.
Il movimento NO TAV ha organizzato la manifestazione, c’è stato poco tempo e le difficoltà in corso su altri fronti sono enormi come ben si sa. La prossima volta si cercherà di far meglio.
Detto questo, come gruppo che si occupa del raddoppio del Frejus, siamo assolutamente convinti dell’importanza dell’aver aiutato una prima mobilitazione e crediamo che essa abbia raggiunto un risultato convincente, smentendo chi strumentalmente accusa il movimento NO TAV di non aver mai preso posizione o addirittura di non averne una.
Sulle reti di un cantiere fermo (si sta lavorando solo lato francese) ma ben protetto, sono comparse per la prima volta dal 2011 alcune bandiere (NO TAV e NO TIR) che ben simboleggiano il fatto che non ci si dimentica del Frejus. Il corteo del pomeriggio è stato un momento determinato ma assolutamente sereno.
Forse i pochi giornalisti presenti avrebbero dovuto rilevare le dichiarazioni con più attenzione e soprattutto, come nel caso di TG3 Piemonte, mandarle in onda riportando i passaggi davvero salienti, non le parti secondarie.
La questione di fondo al momento è semplice e chiara.
Si chiede in modo netto alla SITAF di garantire ai cittadini di Bardonecchia e della Val di Susa, quale opzione minima, che il secondo tunnel non comporti in nessun caso un aumento di tir e di traffico generale. Anche se si verificasse la chiusura al traffico pesante del tunnel del Monte Bianco, chiusura sempre più probabile secondo diverse fonti. Il Ministero dell’Ambiente ha imposto alla Sitaf, proprio ai primi di Ottobre, la Valutazione di Impatto Ambientale in seguito alla ottenuta trasformazione in transito di un tunnel, che la società autostradale aveva sempre promesso con sola funzione di sicurezza. Quest’obbligo prevederà a sua volta delle necessarie restrizioni sull’uso futuro delle due gallerie. Fra queste quasi sicuramente la limitazione del traffico pesante attraverso il contingentamento dei TIR.
Questo contingentamento dovrà avere un ordine quantitativo serio, sgombrando il campo da qualsiasi possibile equivoco.
I cittadini vigileranno perché questo avvenga, sollecitando tutte le parti in causa. Crediamo che Sitaf abbia ottenuto finora gran parte di quanto chiedeva senza molte difficoltà. E’ giusto che si inizi a pensare come impegnarsi nelle compensazioni, che non sono soltanto le opere connesse e promesse o quanto dovuto economicamente per legge (per altro pure quello gestito con scarsa chiarezza e sempre togliendo, mai mantenendo o aggiungendo). Le compensazioni sono anche tutti gli accorgimenti perché la tanto declamata sicurezza si realizzi. Non solo per gli autisti in transito, ma anche per un’intera vallata montana, che da anni deve sopportare il carico di un’infrastruttura autostradale pesante.
Non c’è miglior sicurezza (dentro e fuori dal tunnel) che la limitazione dei rischi attraverso una limitazione dei transiti. Nonostante ora si abbia due viabilità separate.
Sulla vicenda Frejus, Bardonecchia e la Val di Susa ci hanno già rimesso tanto. E’ ora di riportare un po’ di equilibrio.
Ci tengo a ricordare infine che questi ragionamenti sono assolutamente coerenti con la politica sul territorio portata avanti dal movimento NO TAV da oltre vent’anni: nessuna concessione a opere che determinino una pressione, un impatto ambientale e sociale incompatibili con la qualità della vita, la salute delle persone e la salvaguardia dell’ambiente montano. Ancor meno quando queste siano molto costose (in epoca di crisi) oltre che imposte con stratagemmi e “bypass” di vario tipo.