OULX – Forse non tutti sanno che il preside di Parma finito in questi giorni su tutti i giornali nazionali e in tv, per aver sollevato in questi giorni la giusta battaglia contro il cyberbullismo, “arriva” dalla Val Susa. Si tratta di Pier Paolo Eramo, che per una decina d’anni fa è stato professore di Italiano al liceo Des Ambrois di Oulx. Eramo ha insegnato per anni nella scuola superiore della Valle di Susa, ed era uno dei docenti migliori, tra i più apprezzati sia dai colleghi che dagli allievi. Un vero e proprio “idolo”, sia per la competenza ed il carisma, che per le qualità didattiche e le tecniche di insegnamento innovative.
Profondo conoscitore di internet, già alla fine degli anni ’90 aveva colto il potenziale del web, e insegnava ai suoi studenti come navigare sulla rete e come utilizzare i programmi “rudimentali” del tempo, prima di tanti suoi colleghi.
Non a caso, quindi, il prof. Eramo ha rilanciato in questi giorni il grave tema del cyberbullismo, pubblicando “senza censure” sul sito e la pagina Facebook della sua scuola, i messaggi intimidatori e offensivi di cui era vittima un ragazzo della scuola di cui è attualmente preside.
Il tutto ha sollevato ovviamente un putiferio, avendo il merito di dibattere nuovamente sui media nazionali di questo tema importante, con servizi nei Tg e sui principali quotidiani: ‘Ci siamo stufati’ è la frase con cui inizia il suo ‘sfogo’. E prosegue: ‘Dopo molte esitazioni scelgo di pubblicare alcuni messaggi che due nostri alunni si sono scambiati su un gruppo Whatsapp di una delle nostre classi delle medie. Lo faccio perché siamo stufi. Siamo stufi di questo assurdo mondo parallelo che ci inquina; siamo stufi dell’uso sconsiderato e irresponsabile delle parole; siamo stufi dell’assenza degli adulti. E non vogliamo più sentire che era solo uno scherzo, un gioco, che non immaginavamo, che non sapevamo’. Siamo stufi di questo assurdo mondo parallelo che ci inquina – ha sottolineato il preside – Siamo stufi dell’uso sconsiderato e irresponsabile delle parole e siamo stufi dell’assenza degli adulti”.
Poi l’appello: “Non vogliamo più sentire che era solo uno scherzo, un gioco, che non immaginavamo, che non sapevamo. E’ ora di chiedersi se questo è quello che vogliamo dai nostri ragazzi e agire di conseguenza. E’ ora di prendere in mano il cellulare dei nostri figli, di guardarci dentro (perché la privacy nell’educazione non esiste), di reagire, di svolgere in pieno il nostro ruolo di adulti, senza alcuna compiacenza, tolleranza bonaria o, peggio, sorniona complicità. Non serve andare dal preside e chiedere cosa fa la scuola quando la vittima di turno non ha più il coraggio di uscire di casa. E’ troppo tardi. Cominciamo a fare qualcosa tutti. Ora”.
Chapeau.