di MAURA BRONDOLIN
Ormai sono passati quasi venti giorni, da quel giorno terribile, in cui in pochi istanti la mia vita é cambiata per sempre. Chi ha seguito la mia vicenda attraverso gli articoli di giornale, o perché mi conosce, sa di che cosa sto parlando. I lividi se ne stanno andando, le fratture saldando, i dolori fisici diminuendo, ed ora, se mi guardo allo specchio posso quasi vedere la persona di prima, anche se so che nel mio profondo non potrò mai più essere quella di prima.
Nell’orrore di questa vicenda, sono stata fortunata, perché qualche angelo di lassù mi ha protetta, ha deciso che quello non dovesse essere l’ultimo giorno della mia vita, che forse dovessi ancora fare qualcosa di buono quaggiù, perché si, si cambia, ma non é detto che i cambiamenti debbano sempre essere visti in negativo.
Io credo profondamente che nulla accada mai per caso nella vita di ognuno di noi, e so che sembro folle nel dire una cosa simile a riguardo di una storia come la mia e di tante altre donne, ma penso che tutta quest’orribile vicenda debba avere un senso, che devo comprenderle e seguire, tornare a sorridere, come in questa fotografia, e guardare avanti, non rimanendo impotente ma usando ora la forza della mia rabbia per fare qualcosa di utile, di costruttivo, che possa dare un senso ed un valore in positivo a tutto questo. Non voglio più parlare del fatto inteso come cronaca, nè di tutta la questione giudiziaria, ma voglio proporre spunti di riflessione e fare tesoro della mia esperienza per fare appello agli organi competenti, per dare risposte a tante domande che mi sono fatta in questi giorni di convalescenza, in cui magari non potevo fare granchè, ma ho pensato molto.
Ho fatto molte ricerche in merito alle iniziative proposte dal sociale per quel che riguarda la violenza sulle donne, ho scritto e pubblicato il mio appello all’associazione forse più famosa e ne ho contattate altre, oltre che per cercare aiuto ed appoggio, perché volevo capire cosa non funzionasse. Mi sono imbattuta in un interessante pubblicazione della Regione Piemonte che dice cosi:
La violenza contro le donne resta, ancora oggi, un fenomeno molto diffuso, che nega alle donne pari opportunità e diritti e che rappresenta una grande sfida per le istituzioni e non solo:é necessario per far emergere appieno una realtà spesso celata tra le mura di casa e riuscire ad aiutare, in modo concreto, le vittime ad uscire dall’ incubo della violenza, evitando le tragedie che, purtroppo quotidianamente, leggiamo sulle cronache dei giornali. Occorre restare vigili e rinnovare quotidianamente l’impegno contro un fenomeno che non ammette pause né indecisioni. La Regione Piemonte é da tempo impegnata su questo fronte, e si pone l’obiettivo di utilizzare al meglio le poche risorse a disposizione, in gran parte provenienti da fondi europei, in sinergia tra le politiche di pari opportunità, del lavoro, e delle politiche sociali, e in collaborazione con le Province e gli Enti che organizzano i servizi sul territorio per poter agire in modo sempre più concreto a favore delle donne. In questa breve ma utile pubblicazione, la Regione Piemonte intende fornire una panoramica dei principali interventi attivati contro la violenza sulle donne e dei servizi di
primo intervento attivi a livello nazionale e locale. Esiste in Piemonte una rete di sostegno alle donne, che é importante diffondere in modo capillare per raggiungere, e magari convincere, le vittime di violenza che una via di uscita esiste.. e che bisogna avere il coraggio di intraprenderla.
GIOVANNA QUAGLIA
Assessore Regionale alle Pari Opportunità
Dopo queste belle parole tutto un elenco di indirizzi e nominativi, a cui rivolgersi per avere assistenza e tutela in tutti i campi riguardanti queste tematiche atti a proteggere e invogliare le donne che subiscono violenze di ogni genere a reagire, a farsi aiutare, a denunciare. Poi, ho valutato la mia esperienza,io ho deciso di denunciare, di reagire dopo l’aggressione subita, sono stata ricoverata all’Ospedale di Susa.
Devo dire che ricordo con commozione la tenerezza di alcune infermiere che forse perché donne, comprendevano il mio stato d’animo oltre al dolore, una in particolare che in Pronto Soccorso mi accarezzava i capelli per calmarmi, e l’infinita dolcezza della mia vicina di letto, che seppur ignara dell’accaduto, mi sosteneva senza far domande, da donna vissuta con il suo bagaglio di esperienza.
La delicatezza anche dei Carabinieri che mi hanno, in primo luogo soccorso e aiutato poi per quel che concerneva l’area di loro competenza, con la massima attenzione e riguardo, ma solo da loro ho ricevuto un opuscolo informativo a riguardo di un’associazione che si occupa di violenza sulle donne.
Per il resto, in ospedale ero una paziente come altri, solo che io non ero vittima di un incidente o di una caduta..avevo subito una violenza disumana che non offende solo fisicamente, ma che ferisce nel profondo dell’animo di ogni essere umano e lascia segni indelebili nel tempo. Sono stata curata, nel migliore dei modi, ma nessuno ha pensato che potessi aver bisogno di un immediato supporto psicologico..che magari avrei avuto bisogno di parlare con una persona preparata in materia che potesse aiutare me e chi mi stava vicino ad affrontare una situazione così traumatica.
Io sono fortunata, perché ho avuto vicino tante persone, prima e dopo, che con il loro affetto ed il loro aiuto anche materiale, mi hanno sostenuto, ma mi sono chiesta chissà quante donne, e magari ragazzine o bambini ogni giorno si trovano ad affrontare situazioni simili e non sono fortunate come me, ho immaginato la loro paura e la loro solitudine..e mi sono chiesta: “Perchè in ospedale non mi é stato consegnato un opuscolo, come questo della Regione Piemonte..o altri?
Perché non ho potuto consultare un medico, uno psicologo, almeno prima di essere dimessa, secondo me dovrebbe essere una procedura d’ufficio, una normale prassi in queste situazioni..il minimo per chi ha già subito tanto?”.
Oggi quindi, la mia riflessione ed il mio appello,sono rivolti a tutti (Regione, comuni, sindaci, assessori, direzioni sanitarie, servizi socio assistenziali, ecc..) perché si prenda coscienza del fatto che il primo metodo per, se non risolvere, ma almeno arginare una problematica grande come la violenza sulle donne, é la conoscenza..la divulgazione dei mezzi e delle risorse disponibili, il rendere consapevoli tutti di cosa ognuno possa fare, il rendere tutti protagonisti attivi nell’educare le nuove generazioni ad una cultura del rispetto e dell’individualità di ogni essere vivente, soprattutto dei più “ fragili”, organizzando incontri nelle scuole e per le famiglie.
Io credo in Dio, e penso che nessun essere umano debba arrogarsi il diritto di decidere della vita di un altro essere umano..se sono ancora qui e quel giorno terribile la mia vita non ha avuto fine, ora non posso permettermi il lusso di restare a guardare impassibile senza reagire..da sola forse posso far poco, ma so che determinazione e volontà a volte posson far molto, e nei momenti più duri ho sempre tenuto il mio motto “volere è potere”, ed io farò tutto quanto mi sarà dato possibilità di fare perché la mia voce venga ascoltata..e voi??