LA SITUAZIONE IN AFGHANISTAN RACCONTATA DALLO SCRITTORE BITANI

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Lo scrittore Bitani, foto da internet

di IVO BLANDINO

Da venerdì 30 aprile 2021, gli Stati Uniti d’America stanno definitivamente ritirando i propri militari che hanno operato in Afghanistan negli ultimi anni. Il ritiro delle truppe avverrà entro l’11 settembre: una data storica, in quanto ricorda l’attacco alle Torri Gemelle a New York.

Per conoscere gli sviluppi di questa decisione del presidente americano, ValsusaOggi si è fatta raccontare la situazione attuale da Fahard Bitani, scrittore, giornalista ma soprattutto esperto di politica Afgana, conosciuto in varie parti del mondo – tra queste anche in Valsusa e in Val Sangone, in quanto ha tenuto varie conferenze sulla situazione politica nell’Afganistan.

Fahard Bitani, nasce a Kabul nel 1986 ed è l’ultimo di sei fratelli. Suo padre è un generale dell’esercito di Mohamed Najibullah Ahmadzai, quarto ed ultimo presidente della Repubblica Democratica dell’Afghanistan. Con la presa del potere da parte dei mujaheddin, nel 1992 le cose cambiano. Solo rinnegando il passato e diventando mujahed, il padre di Fahard avrà salva la vita.

Fahard è un ex capitano dell’esercito afgano: è nato ed è cresciuto immerso nella guerra, mentre oggi è fondatore del GAF Global Afghan Forum e vicepresidente di Andes for Adoptions.

Durante la sua infanzia ha vissuto la guerra da vincitore perché suo padre era uno dei generali che hanno sconfitto il potere sovietico, ma poco più tardi ha vissuto la guerra da perseguitato, perché suo padre era nemico dei talebani che detenevano il potere. In seguito ha vissuto la guerra da militare combattendo egli stesso contro i talebani, prima sotto il regime dei mujaheddin e poi dei talebani.

Bitani ha compiuto i suoi studi in Italia, prima l’Accademia Militare di Modena e successivamente la Scuola di Applicazione di Torino. Dopo essersi definitivamente trasferito in Italia come rifugiato politico, ha deciso di dedicare la sua vita al dialogo interculturale e alla pace, l’ex capitano ha abbandonato la divisa militare, le armi e ha abbracciato la penna: oggi è uno scrittore, giornalista e saggista.

Buongiorno Farhad, come mai ha scelto l’Italia?

Buongiorno a voi. Ho scelto l’Italia non per mia volontà, ma per quella di mio padre che fu inviato in Italia dall’Afghanistan come addetto militare presso l’ambasciata del mio paese, a Roma. Avevo 17 anni e conducevo una vita lussuosa, potevo avere tutto quello che mi piaceva e desideravo, potevo disporre di soldi e tutto ciò che mi piaceva.

Ma come mai suo padre è stato mandato proprio in Italia?

Nel 2004 il presidente dell’Afghanistan Karzai propose a mio padre di trascorrere un periodo all’estero per riprendere fiato e lo nominò addetto militare all’ambasciata Afgana di Roma. Ci trasferimmo nella città eterna: mio padre, mia madre io e uno dei miei fratelli. Avevamo già preso un aereo nella nostra vita: da Kabul a Kandahar, un viaggio disastroso con persone in piedi come sull’autobus con le pecore sottobraccio, taniche di benzina in mano non esistevano regole e il pilota poverino cercava come poteva di mantenere un certo ordine il viaggio.

E invece, come andò il viaggio verso Roma?

Il viaggio verso Roma fu completamente diverso. Quando atterrai all’aeroporto di Fiumicino, rimasi sconcertato, brulicava di infedeli non ne avevo mai visti così tanti e tutti assieme pensai: Dio dammi la forza per ucciderli.

Come si è trovato in Italia?

Beh la mia vita in Italia, in quel periodo era lusso sfrenato, potevo permettermi tutto quello che volevo, anche se a me non piaceva stare nel Bel Paese, perché appunto era un paese di infedeli, ma mio padre aveva per me dei progetti e mi fece studiare presso l’Accademia Militare di Modena e successivamente alla Scuola Militare di Applicazione di Torino. Per rispondere alla domanda che mi è stata posta, ovviamente io in Italia mi sono trovato bene perché tutti mi rispettavano, vista la mia posizione e soprattutto la posizione di mio padre. Io non ho mai avuto problemi di razzismo o altre cose”

Il ritiro dell’esercito americano e adesso anche quello italiano dall’Afghanistan. Secondo lei, cosa potrà succedere?

L’America non voleva rimanere nella storia come hanno fatto i russi, perché se l’America usciva come sono usciti i russi che hanno perso la guerra in Afghanistan. Riguardo all’Italia, io non posso dire assolutamente niente, purtroppo gli italiani sono i fazzolettini dell’America, perché se l’America dice uscite, sia l’Italia che i paesi della Nato obbediscono. L’Italia si base sulla Costituzione che rifiuta la guerra: l’Italia vuole portare la pace in Afghanistan, ma è una guerra molto complicata. L’Italia è entrata in guerra per la scelta americana, purtroppo posso dire che l’uscita degli americani e degli italiani, porterà nuovamente una guerra civile in Afghanistan e di questa nuova guerra civile, saremo responsabili tutti noi europei, come i russi quando se ne sono andati ed è scoppiata la  guerra civile in Afghanistan ed i russi ne sono responsabili, questa volta a mio parere saremo responsabili tutti noi.

Per cui lei pensa che con il ritiro del contingente americano e italiano le cose si metteranno male?

Personalmente non vedo una situazione serena, bensì preoccupante. Perché la presenza americana in Afghanistan stabiliva un po’ di tranquillità, un po’ di pace. Per questo adesso che sono usciti gli americani, ci sono 26 distretti che hanno paura di una nuova guerra civile.

 

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