dall’UFFICIO STAMPA SMAT
TORINO – All’interno del complesso del Centro Ricerche SMAT è stata presentata, venerdì 12 aprile, la prima ricerca italiana sulla vulnerabilità delle risorse idriche ai cambiamenti climatici nell’area metropolitana torinese. Lo studio avviato nel 2016 è stato sviluppato da SMAT insieme al CNR-IGG, al Politecnico di Torino, all’Arpa Piemonte, alla Società Metereologica Italiana e la Regione Piemonte.
Il programma di ricerca ha permesso di valutare, sul territorio servito da SMAT e con un orizzonte temporale che si spinge fino al 2050, la vulnerabilità ai cambiamenti climatici; vulnerabilità che influenza la risorsa idrica sia in termini di disponibilità sia in termini di qualità per uso potabile. Questa nuova forma di criticità si impatta anche nella gestione della richiesta di acqua potabile ma soprattutto sui sistemi infrastrutturali nel loro complesso. La capacità di adattamento ai cambiamenti climatici è una delle sfide più importanti che i gestori del servizio idrico integrato dovranno affrontare nel prossimo futuro.
All’interno del complesso del Centro Ricerche SMAT, il Prof. Antonello Provenzale del CNR – IGG, il Prof. Stefano Ferraris del DIST e la dott.ssa Elisa Brussolo, ricercatrice SMAT hanno analizzato la relazione tra precipitazione, disponibilità di risorse idriche e circolazione atmosferica sull’Italia nord-occidentale.
“La capacità di adattamento ai cambiamenti climatici – ha commentato Paolo Romano, Presidente SMAT – è una delle sfide più importanti che i gestori del servizio idrico integrato dovranno affrontare nel futuro: una gestione ottimale si evidenzia dalla capacità di fronteggiare le crisi attraverso la redazione di mirati piani di emergenza, ma soprattutto attraverso un’attenta prevenzione strutturale“.
Concretamente la risposta di SMAT è rappresentata da interventi strutturali, come l’Acquedotto della Valle di Susa di prossima attivazione e le interconnessioni comunali finalizzati a sopperire alle carenze idriche. Per il bacino di utenza più significativo quale è la città di Torino l’azienda aveva approntato già 15 anni fa una riserva idrica ovvero il bacino di lagunaggio di La Loggia che ha una capacità di circa due milioni di metri cubi. L’impianto permette il prelievo dell’acqua del fiume a circa sette chilometri a monte dell’opera di presa originaria, dove l’acqua staziona dai sette ai cinquanta giorni e viene poi immessa negli impianti di potabilizzazione. Opera che nei prossimi anni sarà oggetto di potenziamento realizzando un secondo bacino da cinque milioni di metri cubi.
“Il valore di questo nuovo impianto – ha dichiarato Romano – sta nella creazione di una riserva idrica, che raggiungerà complessivamente un volume di 7 milioni di metri cubi d’acqua, disponibile soprattutto in periodi di siccità, di inquinamento del fiume o di eventi eccezionali quali le alluvioni“.