di DIEGO TOMASSONE (Cittadino residente nella zona colpita dalla colata di fango)
BUSSOLENO – Giovedì 7 giugno rimarrà impressa nella memoria come una data tragica, perché l’alluvione avvenuta a Bussoleno ha causato parecchi danni sia materiali che umani (per fortuna senza feriti o morti, però chi ha assistito all’evento è rimasto traumatizzato!).
È stato subito decretato lo stato di somma urgenza, e pulita via San Lorenzo e le zone limitrofe dal fango, sono partiti i lavori per rimettere la zona in sicurezza, come è giusto che sia.
Il progetto è stato approvato il 29 giugno, e pochi giorni dopo sono partiti i lavori per costruire il primo dei due invasi, opere progettate per impedire che in futuro si possa ripresentare un evento disastroso di tale portata.
Essendo interessato in prima persona (la casa risparmiata dall’alluvione era e fu costruita da mio nonno Carlo Trappo), ho potuto seguire da vicino tutte le varie fasi della vicenda, dalla presentazione del progetto ancora prima che fosse approvato dalla giunta comunale, per arrivare a inizio lavori sul territorio.
Già guardando solamente il progetto su carta, risultava chiara una incongruenza tra i lavori eseguiti nei due rii limitrofi, Moletta e Prebech, come risultava chiara la faraonicità del secondo invaso o briglia a valle, lunga ben 150 metri; come risultò chiaro la sera della presentazione del progetto da parte dell’ing. Santo La Ferlita, che lo studio Rosso e associati pensava che questa fosse l’unica soluzione possibile.
Da medico che lavora sia come clinico che come ricercatore (collaboro tra l’altro con il candidato al premio Nobel per la medicina 2018), sono da sempre abituato a “contestualizzare”, fare la diagnosi quanto più precisa possibile, per poi arrivare alla terapia migliore, tenendo però conto le caratteristiche personali del paziente e il contesto psico-sociologico in cui vive, spiegando e valutando con lui la soluzione migliore per la sua condizione, non ergendomi come detentore assoluto della verità e pretendendo fiducia cieca ed assoluta in me e nelle mie capacità.
Stesso approccio mi sarebbe piaciuto fosse stato applicato sia dallo studio di progettazione che dall’amministrazione pubblica, anche perché l’art. 8 della legge 267 del 2000 sancisce proprio il diritto di partecipazione popolare, e il dovere quindi dell’amministrazione comunale di interpellare la popolazione nelle questioni che la riguardano.
Il trincerarsi dietro la somma urgenza ha poco senso in questo caso, perchè il progetto è stato fermo in Comune ben otto giorni prima di essere approvato, tempo più che sufficiente per effettuare sopralluoghi nella zona e rendere partecipe la popolazione sia con incontri che con assemblee, come ha poco senso accettare ed approvare quasi a scatola chiusa un progetto che, seppur ineccepibile dal punto di vista ingegneristico, può avere qualche piccola sfumatura da valutare meglio in campo ambientalistico e di invasività sul territorio (nonché di praticità, perché passare al centro del cortile di una abitazione con un canale di scolo a cielo aperto non mi sembra la migliore delle soluzioni).
Questa eccessiva invasività è stata messa in luce fin dalle prima battute dei lavori, perché già l’inserimento dei picchetti sul territorio, che l’inizio del disboscamento per pulire l’area, hanno fatto vedere molto bene la “faraonicità” dell’opera, soprattutto riguardo l’invaso o briglia situata più a valle.
Leggendo attentamente la relazione tecnica descrittiva di 92 pagine dello studio Rosso e associati, si evince chiaramente che le stime dei volumi calcolati per la colata detritica ed i volumi depositati in conoide stimati da ARPA Piemonte (pag. 37 e allegato 4), indicano che sarebbe più che sufficiente il primo invaso o briglia per rendere sicura la zona, avendo una capacità più che sufficiente per contenere l’eventuale materiale che un ulteriore evento alluvionale potrebbe depositare in conoide (infatti la seconda briglia più a valle sarebbe costruita solo per avere una sicurezza ulteriore in caso la prima briglia a monte dovesse cedere, come mettere nella propria cucina due lavandini uno sotto l’altro, detto molto banalmente).
A prescindere dalle situazioni personali di chi abita nella zona di Regione Reforno, ed a prescindere dal drastico deprezzamento che avrebbero le case della zona vista la percezione del pericolo esponenzialmente aumentato, è assodato anche dai fatti accaduti nei primi giorni di lavoro, che la seconda opera contenitiva più a valle non è adeguatamente contestualizzata nel territorio di Reforno, sia dal punto di vista di impatto ambientale, sia dal punto di vista antropico, perché va a ledere diritti privati senza sufficienti motivazioni, obbligando dei cittadini ad accettare la demolizione delle proprie case, oppure il convivere con questa opera diventando l’equivalente di custodi della diga.
La giunta comunale di Bussoleno ha commesso un grosso errore ad approvare in toto il progetto, senza peraltro fare gli adeguati sopralluoghi e senza parlare almeno con gli abitanti della parte alta di via San Lorenzo, e la stessa giunta non si rende tuttora conto che un’opera di queste dimensioni verrà quasi sicuramente “bocciata” tra un po’ di tempo e da valutazioni più precise e puntuali, sia dal punto di vista geologico che ingegneristico ambientale, mettendo in pericolo il futuro contabile dello stesso Comune, che rischia di dover in futuro risarcire diverse famiglie in località e di dover rispondere di fronte alla Corte dei Conti, per aver speso malamente soldi pubblici, tutto questo solo per non essersi preso il tempo necessario per valutare la possibilità di interventi maggiori a monte della cascata (in località Maisonetta ad es. si potrebbe costruire un invaso con impatto ambientale ed invasività minima), intervenendo solamente a valle della cascata stessa, con piccoli e poco incisivi interventi a monte (all’altezza di località Pietrabianca).
L’amministrazione comunale, ahimè spesso troppo latitante in più occasioni, dovrebbe quindi non solo valutare con più attenzione le rimostranze dei suoi concittadini, ma ringraziarli per la loro lungimiranza, intelligenza e consapevolezza, perché con questa dimostrazione di dissenso motivato, stanno tutelando non solo loro stessi, ma tutta la popolazione e la stessa amministrazione comunale, ed in primis il sindaco.
Confido quindi in una pronta risposta ai cittadini della stessa amministrazione comunale, e di una rivisitazione intelligente e puntuale del progetto, in accordo con le esigenze della popolazione, che chiede solo di essere resa partecipe in ciò che riguarda il suo comune di residenza e domicilio, la sua casa e la sua vita.
Citando infine l’amico filosofo Diego Fusaro, direi che è quanto mai opportuno “pensare altrimenti”, coinvolgendo maggiormente quei “demi” a cui appartiene il potere essendo noi in una democrazia.
Buongiorno, vediamo se ho capito, esiste qualcuno che guardando il progetto sulla carta può prevedere la quantità d’acqua che scenderà in un nubifragio o alluvione! Però mi era sfuggito questo dettaglio, perché se le cose non sono cambiate nei miei 40 anni di vita mi pare che non si possono prevedere i quantitativi d’acqua di alluvioni e nubifragi.Quindi se il punto è non perdere le case o non essere custodi di una diga, bisognerebbe anche dire cose con senso, perché nessuno sa da oggi ai prossimi 50 anni quanta acqua cadrà in una valle prettamente alluvionale . Fare una briglia, potrebbe significare fare un lavoro simile al Mose o altro, per cui la situazione non andrebbe risolta con soldi dei contribuenti buttati al vento. NON E’ IL PROGETTO GIUSTO? Allora critiche a parte bisognerebbe portare qualcosa di concreto rendendosi anche conto che alla natura non si comanda e se le case sono costruite in zona a rischio, bisogna chiedersi:” Se domani scendesse un quantitativo maggiore d’acqua, una briglia non fosse sufficiente e oltre alle case perdessimo qualche vita umana?” Forse non è meglio prevenire che curare?
Mai contenti….poi scomodare il premio nobel per la medicina…..in piemontese si dice: P……pi curt !!!!
Rivisitare in modo intelligente e puntuale il progetto significa che non lo è affatto e non lo sono i suoi estensori.
Attendo doverose repliche dallo studio incaricato della progettazione.
Parafrasando al medico un altro medico di reiterata visibilità mediatica suggerirei che:
“Le intensità e le portate delle alluvioni non decidono per alzata di mano”.
Il medico in oggetto, senza competenze al riguardo, contesta un ingegnere. Mi piacerebbe vedere come la prenderebbe se un ingegnere, anche lui senza competenze al riguardo, lo contestasse in campo medico.
Mai contenti.