di ALBERTO DOSIO
ALMESE – Voglio dedicare due righe a una persona a me molto cara. Ricordi di gioventù mi affiorano alla memoria, quando ancora giovincello ad Almese ne combinavo più che Bertoldo in Francia. Erano la fine degli anni 70 e sia alle scuole medie, sia all’oratorio c’era un giovane “Vice” particolarmente incisivo, irruento con una spiccata personalità.
Oltre a questo, aveva anche la pazienza dei santi perché noi (sempre i soliti quattro o cinque monelli) lo mettevamo a dura prova. Nell’oratorio che non frequentavo assiduamente, non c’era molto, un calciobalilla, un biliardino, un tavolo da ping pong e un campetto di calcio con il “vecchietto” annesso che tagliava i palloni quando superavano la rete finendo nel suo orto (credo che all’epoca li aggiungessero “chiavi in mano” con ogni campetto di calcio), ma il “vice” non ci lasciava mai in giro a bighellonare, creava sempre nuovi interessi.
Ok, a volte dopo l’oratorio si doveva andare a messa, ma noi si “scappava” con la consapevolezza che il giorno dopo avremmo preso una bella “ramanzina” ma sempre con la cura di un buon padre. Per noi quasi non era un sacerdote, ma una persona che veramente si metteva in gioco, in prima persona per aiutare e risolvere i problemi. Quante ne abbiamo combinate a quel tempo, povero “vice”.
Faccio un salto temporale di circa quindici anni e lo ritrovo in quel di Borgone di Susa. Ci incontriamo, ci salutiamo e parliamo a lungo. Non è più “vice” anche se per me lo è sempre e quello non è assolutamente un bel periodo della mia vita, quindi, parlando un po’ di tutto mi sembra di avere nuove energie grazie alle sue risposte e alla sua saggezza. I nostri discorsi non riguardavano la religione bensì le difficoltà che la vita pone in essere a volte con particolare accanimento.
Dopo qualche tempo i nostri incontri si sono diradati, ma questo fa parte dell’esistenza. Ci si ripromette di passare a far visita, di telefonare, finché un giorno è tardi e scritto da me che sono particolarmente attento nel non dimenticare nessuno, la dice lunga, finché un giorno, parlando con mia sorella, ho saputo che Don Pietro, il mio “vice” aveva subito un malore.
Questo accadimento mi sembrava incredibile, lo immaginato giovane e irruento come lo era quando lo conobbi, ma subito dopo ho pensato che io oggi ho 53 anni e il tempo è passato per tutti, non sono più il “pischello” monello degli anni 70 e anche lui ha qualche “spira” in più di quando percorreva le nostre strade col la sua nuovissima Autobianchi A112.
Non credo di essere un buon cristiano, o meglio, lo sono al minimo sindacale, tuttavia credo di saper riconoscere il valore e lo spessore di un uomo giusto, onesto e che si è sempre speso per gli altri (comprese le incaz…ehmm le arrabbiature solenni) quindi queste due righe, che nel frattempo sono diventate un po’ pleonastiche, le vorrei dedicare al mio “vice” Don Pietro Guiffrey con i migliori auguri per un’ottima ripresa in salute, con la certezza, e cito Seneca, che Dio è come un buon maestro, affida i compiti più gravosi agli allievi più capaci.
Forza “Vice”.
Si e’ vero , io l’ ho conosciuto da poco ma e’ una brava persona e discreta. Mi fa piacere leggere questo articolo.Guatisca presto don Pietro.