di DIEGO MELE
BORGONE SUSA – Sabato mattina, passeggiando lungo gli argini che costeggiano il campo sportivo di Borgone Susa, mi chiedevo cosa abbia potuto portare un’amministrazione comunale a “gettare la spugna”, ad abbandonare, quello che un tempo fu uno dei campi sportivi più belli della Valle di Susa.
Beh, di risposte me ne sono date tante, ma, una su tutte, credo sia la mancanza di entusiasmo nell’amministrare la propria comunità, ancor prima di un Comune. Ed è proprio questo il punto. La comunità.
Oggi possiamo davvero dire di conoscere tutti i nostri vicini di casa? Possiamo davvero dire di conoscere i nuovi arrivati in paese, i nostri nuovi concittadini?
Da qualche anno a questa parte, per molte ragioni e per responsabilità che oggi non è più il caso di attribuire ad alcuno, la nostra piccola comunità ha iniziato a vacillare, lasciando il passo all’individualismo, all’atomizzazione dell’individuo, direbbero i sociologi.
La questione “Tav” è stata senz’altro divisiva, ma non esiste un’unica ragione, come non esiste un unico colpevole o un gruppo di colpevoli. Non è con un processo ad ignoti che potremo progredire.
Le associazioni devono fronteggiare normative sempre più stringenti, penso ad esempio alle nuove norme a cui è soggetto l’Avis o ai molti permessi a cui deve far fronte la Pro Loco; anche il Comune è in difficoltà, vivendo una condizione di fortissima ristrettezza economica. Non nego questi stati di fatto.
Ma per superare lo status quo, per superare questa impasse, questa fase di generale immobilismo, non occorrono denari, nuove leggi oppure, permettermi la battuta, una piattaforma di elisoccorso.
Se davvero teniamo al nostro Comune, al nostro piccolo grande borgo, dobbiamo mirare a ricostituire una comunità che sta, col tempo, disgregandosi.
Lasciandoci il passato alle spalle e guardando avanti, credo avremo la possibilità, un passetto alla volta, di ricostituire un tessuto sociale che sono sicuro sia ancora ricco di storia, tradizioni e di personalità che sapranno cogliere questo mio appello quasi disperato.
Vedere un campo da calcio trasformato in una piattaforma per l’elisoccorso, peraltro in un luogo discutibile e difficile da raggiungere dai mezzi di soccorso in caso di reale emergenza, per me significa aver perso la speranza, aver perso la voglia di sognare, la voglia di sperare.
Lo stesso campo da calcio dove sui tacchetti, ho percorso chilometri, dove mio padre prima di me ha percorso ancora più chilometri e nel quale mia nonna esultava per un gol degli avversari di mio padre, perché non aveva ben compreso dove quella sfera rotonda dovesse andare a finire per poter finalmente esultare.
E credetemi, la scomparsa del nostro amato campo da calcio è solo l’ultimo tassello di un percorso che sta trasformando Borgone in un paese dormitorio, un paese di passaggio.
Cosa fare, quindi? Purtroppo, non ho questa risposta. Quello che credo, è che per cercare di cambiare le cose, dovremmo mettere da parte il passato e iniziare a guardare avanti, per tornare ad essere una comunità ricca, fiorente e, soprattutto, unita.
Le eccellenze storiche a Borgone Susa non mancano: penso alla Società Filarmonica Borgonese, all’Unione Bocciofila Borgonese oppure all’ANA del paese, senza nulla togliere alle altre associazioni che da molti anni arricchiscono il nostro territorio, alle palestre di roccia invidiate da mezzo Piemonte, al Palazzo Comunale, al Castlass, alla Cappella Romanica di San Valeriano, ai sentieri montani, a Roca Furà, alle nostre scuole, alle moderne aziende che hanno scelto il nostro territorio per insediarvisi e creare occupazione, penso all’eredità che ci hanno lasciato i nostri antenati, i “picapera”, che oggi chiameremmo scalpellini, che hanno adottato anche me, mezzo pugliese e mezzo campano e, dopo di me, molti altri ancora.
Una cosa chiara voglio dirla però: occorre un repentino cambio di passo, una svolta decisa verso un “nuovo corso”, per citare Franklin Delano Roosevelt, che miri a trasformare il nostro Comune in qualcosa di nuovo, di attrattivo, di competitivo e di bello. Perché non abbiamo nulla di meno, nulla da invidiare agli altri Comuni della valle.