di FABIO TANZILLI
BARDONECCHIA – In mezzo a tutta la tempesta mediatica che ha coinvolto Bardonecchia nell’ultima settimana, con il caso diplomatico scoppiato tra Italia e Francia per il blitz dei doganieri francesi, è rimasta “nascosta” una delle notizie più importanti: il modello di gestione vincente dell’emergenza migranti a Bardonecchia.
Continua a fare freddo e ad esserci maltempo in alta Val Susa, ma dopo alcuni mesi di attività il Comune e i volontari delle varie associazioni che si occupano del progetto tracciano un primo bilancio dell’iniziativa.
In tutti questi mesi la rete di informazione e accoglienza organizzata con la Prefettura ha evitato il peggio. Anche se non si nasconde il timore che, nel momento in cui si scioglierà la neve nei sentieri montani che collegano Bardonecchia alla Francia, si possano trovare i corpi senza vita di migranti che hanno tentato di superare il confine.
Il valore del progetto di Bardonecchia, che forse non fa notizia a livello nazionale, è proprio questo: la grande solidarietà e l’attenzione che evitano anche il sorgere di problemi sociali e di “convivenza” anche con i residenti e i turisti del posto. In tutti questi mesi, nonostante il notevole afflusso di migranti in stazione, da quando è stato attivato il progetto comunale con la onlus “Rainbow 4 Africa”, le associazioni del paese e le forze dell’ordine, non sono mai stati segnalati problemi di ordine pubblico. Così come non ci sono state polemiche, episodi di intolleranza o proteste da parte della cittadinanza: la comunità di Bardonecchia ha operato unita, tutta nella stessa direzione. E non era affatto scontato, vedendo cosa accade altrove.
Incontriamo i volontari e gli amministratori in un freddo martedì sera, nel punto informativo della stazione di Bardonecchia, allestito proprio nei locali delle ferrovie che vent’anni fa erano utilizzati dalla dogana francese e che ormai erano abbandonati da tempo. Il Comune li ha ottenuti a fine dicembre 2017 da Rfi, firmando un’apposita convenzione in Prefettura. Ogni sera qui arrivano volontari bardonecchiesi e della Val Susa che portano cibo e vestiti ai migranti.
“I mediatori culturali servono proprio a intercettare i migranti e informarli – spiegano la vicesindaca Rossetti e l’assessore Marchello – occorre chiarire che questo non è un centro di accoglienza per i profughi, ma un punto di informazione e di appoggio. I mediatori contattano direttamente i migranti che arrivano coi treni in stazione, con l’obiettivo di aiutarli a capire quali possibilità hanno in Italia, evitando la clandestinità. Oppure verificano se hanno i requisiti per il ricongiungimento con i famigliari in Francia, così da poter superare il confine regolarmente con i mezzi pubblici di trasporto, senza essere bloccati dalla gendarmerie. Li avvisano dei grossi rischi che corrono provando ad attraversare il confine a piedi e nel contempo li informano sulle modalità previste dalla legge per potersi mettere in regola. L’obiettivo è intercettarli quando arrivano qui e non abbandonarli. Grazie a tutto questo, al lavoro dei volontari e delle istituzioni, abbiamo evitato che Bardonecchia diventasse come Ventimiglia”.
Nella saletta con noi ci sono i due mediatori culturali Roland e Moussa (fanno parte della Rete dei Comuni Solidali), oltre al vicesindaco Rossetti e all’assessore Marchello, il medico di “Rainbow 4 Africa” Maria Carola Martino, alcune volontarie della Croce Rossa, della Caritas e la prof. Massara, che fa parte degli scout bardonecchiesi. Per questo progetto un ruolo importantissimo ce l’hanno i volontari del soccorso alpino di Bardonecchia, che più di una volta sono stati impegnati, insieme al soccorso alpino della della Guardia di Finanza bardonecchiese e al 118, nelle operazioni di salvataggio e di recupero di migranti dispersi al Colle della Scala. Senza dimenticare il supporto delle forze dell’ordine: la polizia e i carabinieri di Bardonecchia.
“Il progetto attuato a Bardonecchia ha permesso che non si creasse nel nostro paese una situazione critica come a Ventimiglia – spiegano Rossetti, Marchello e Moussa – grazie alla rete e alla collaborazione reale tra istituzioni e associazioni, stiamo gestendo l’emergenza garantendo l’informazione e l’aiuto ai migranti, evitando problemi con la comunità bardonecchiese e intervenendo prontamente”.
A confermare il modello vincente di Bardonecchia è la dottoressa Maria Carola Martino, volontaria di “Rainbow 4 Africa”. Lei arriva da Pisa, ha operato in zone di guerra in tutto il mondo ed è stata la prima a soccorrere Beauty, la migrante incinta che è morta in ospedale a Torino, dopo che aveva scelto di fermarsi a Bardonecchia perché la gendarmerie aveva bloccato il marito al Frejus, poco prima di raggiungere la Francia.
“Proprio il caso di Beauty ha confermato che qui a Bardonecchia c’è una sensibilità diversa rispetto ad altre zone dove c’è lo stesso problema legato alle migrazioni – spiega la dottoressa Martino – come medico volontario sono stata in varie parti del mondo a curare i malati e salvare vite, allestendo anche ospedali da campo “improvvisati”, in situazioni drammatiche e difficili…in questo paese, a Bardonecchia, ho riscontrato una rete di assistenza che funziona, una collaborazione che permette di aiutare i migranti evitando tragedie. Beauty stava male quando è arrivata in stazione e ha trovato qualcuno che l’ha presa in carico, che l’ha aiutata, che l’ha guardata negli occhi…mi riferisco a Moussa, il mediatore culturale che per primo l’ha incontrata in stazione”.
La vicenda di Beauty è diventata un caso nazionale, ha commosso e fatto indignare tante persone, ma la dottoressa Martino rimarca un aspetto importante: “A Bardonecchia, grazie alla rete di accoglienza e informazione, si è acceso il campanello di allarme che ha consentito di soccorrere la donna incinta e portarla in ospedale per le cure, in tempo per salvare il bambino. Per lei non c’era più nulla da fare, in quanto malata da tempo, ma il piccolo è nato. Questo non è secondario: i volontari e in seguito i bravissimi medici dell’ospedale Sant’Anna hanno dato una possibilità di salvezza per il suo piccolo”.
“Quello di Bardonecchia è un modello che altrove non esiste – aggiuge la dottoressa Martino – basato sulla sensibilità. Negare il problema non permette di cancellarlo, bisogna affrontare l’emergenza migranti e gestirla insieme”.
“L’obiettivo è quello di spiegare ai migranti che non devono per forza andare in Francia rischiando la vita – conclude la vicesindaca Rossetti – molti di loro hanno il diritto d’asilo in Italia e possiamo così reinserirli grazie alla Prefettura nel sistema di accoglienza nazionale, facendoli tornare in regola. Tutto questo ha un senso: salvare delle vite umane”.
Buon lavoro, è ammirevole ciò che state facendo, perchè nelle emergenze, la cosa più importante è salvare vite umane, non importa da dove arrivano…