NORMATIVA SUL CBD IN ITALIA: COSA DICE LA LEGGE?

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L’ampia diffusione sul mercato di prodotti a base di CBD confermerebbe implicitamente la loro liceità, ma è davvero così?

Dato il grande successo di mercato, i prodotti a base di CBD sono oggi ampiamente disponibili in molti punti vendita, fisici e online.
I sempre più numerosi consumatori che si stanno avvicinando alla cannabis legale possono usufruire di diverse tipologie di prodotti che variano per composizione chimica, per concentrazione e per purezza del principio attivo.
Ma per chi acquista canapa light è importante soprattutto riconoscere la qualità del prodotto, che dipende sostanzialmente dalla serietà del produttore.
Questa ampia scelta di prodotti contenenti CBD disponibili sul mercato fa passare in secondo piano il discorso sulla liceità degli stessi, che sembra esser data per scontata. Ma come stanno veramente le cose?
Scopriamolo insieme in questo articolo, dopo aver prima capito cos’è il CBD.

Cos’è il CBD?

Il cannabidiolo (CBD) è un composto non psicotropo della cannabis che viene impiegato nella produzione di molteplici tipologie di prodotti, tra cui gli oli essenziali e le creme per la cura della pelle.
Di norma il CBD viene ricavato da piante di cannabis light, che si caratterizzano per il fatto di contenere una bassissima concentrazione di delta-9-tetraidrocannabinolo, più comunemente noto come THC.
Al contrario del THC, il CBD non presenta effetti psicoattivi e dunque non produce effetti stupefacenti. Di conseguenza, non è inserito nell’ elenco delle sostanze psicotrope vietate dalla legge (DPR 309/90).

CBD: la normativa italiana

In materia di cannabis, la normativa di riferimento è la legge n. 242 del 2016 che ha per scopo quello di promuovere la coltivazione e la filiera della canapa industriale.
La legge permette di coltivare la canapa sativa L. per usi industriali. La coltivazione deve, però provenire da sementi muniti di specifica certificazione, rilasciata secondo le indicazioni del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (attualmente denominato Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste).
Le piante ottenute da semi certificati sono iscritte nel “Catalogo comune delle varietà della specie di piante agricole” e costituiscono quello che in modo informale chiamiamo la canapa legale.
La prerogativa della canapa legale è quella di garantire una concentrazione di THC inferiore allo 0,2% nei prodotti da essa ricavati. Questo è il file rouge che separa la legalità dall’illegalità.
La coltivazione, l’uso e il consumo di prodotti che presentino percentuali di THC maggiori rispetto a quelle consentite, può portare a conseguenze di tipo penale.
D’altra parte, data l’irrisoria presenza di THC, l’uso della cannabis light e dei prodotti da essa derivati è considerato pienamente legale.
Di conseguenza, è consentito acquistare prodotti a base di CBD ricavati dalla canapa ‘depotenziata’.

Perché la normativa sulla cannabis è poco chiara?

La legge n. 242 del 2016, che ha avuto il merito di dare il via allo sviluppo del mercato della cannabis light in Italia, è però lacunosa sotto certi punti di vista.
Non viene specificato quali parti della pianta possono essere impiegate per la produzione di derivati della cannabis, né vengono disciplinati tutti i possibili usi industriali della stessa.
Per quanto riguarda specificatamente i semi di cannabis light, la legge da un lato ne consente l’acquisto, ma esclusivamente ai fini collezionistici, dall’altro ne vieta la coltivazione per uso domestico, perché dai semi germinati possono nascere piante con percentuali di THC superiori allo 0,2% previsto dalla legge.
Per il testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti (DPR 309/90), non è consentita la coltivazione di piante aventi alte concentrazioni di THC, poiché questo principio attivo è inserito nell’elenco delle sostanze psicotrope che sono vietate dalla legge.
La legge 242 del 2016, pertanto, ha aperto un vuoto legislativo, non ancora colmato, che ha permesso il grande sviluppo dei derivati della cannabis light in questi ultimi anni.

Ma, quindi, il CBD è legale?

Abbiamo visto come il CBD non sia specificatamente regolamentato dalla legge del 2016, ma venga posto sullo stesso piano degli altri derivati della cannabis legale.
Sul punto, però, è intervenuta nel 2020 una sentenza della Corte Europea, la quale riconosce il CBD come sostanza legale e ne consente la vendita in tutti gli Stati membri dell’UE.
Ogni singolo Stato europeo resta però libero di poter imporre dei limiti, tramite la normativa nazionale, all’utilizzo di questa sostanza, qualora lo ritenesse opportuno per esigenze di tutela della salute pubblica.
Inoltre, la Corte Europea introduce delle indicazioni specifiche per la commercializzazione di prodotti a base di cannabidiolo all’interno del mercato comune.
Viene previsto, in particolare, che il CBD debba essere estratto da piante europee (a tal fine, si specifica che occorre utilizzare tutte le parti della pianta e non soltanto le infiorescenze) aventi una concentrazione di THC inferiore allo 0,2%.

In conclusione, i derivati della cannabis light a base di CBD possono essere acquistati legalmente in Italia e negli altri paesi dell’unione Europea.
La legislazione italiana di riferimento in materia di canapa legale è la legge 242/2016 che, come abbiamo visto, contiene delle lacune, in particolare, per quanto concerne lo stato giuridico del CBD. Queste lacune sono state in parte colmate dalla sentenza della Corte Europea del 19 novembre 2020, che rende il CBD legale in tutta l’Unione Europea.

Ad oggi, pertanto, resta vietato in Italia tanto la detenzione quanto la coltivazione della cannabis per uso domestico. Tuttavia, è consentito acquistare derivati della cannabis light per finalità diverse dal consumo, come dimostrato dalla presenza sul mercato di numerose aziende dedicate alla cannabis light, come l’italianissimo Justbob, noto in particolare per la sua offerta di olio di CBD.

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