Ieri mattina, poco dopo la mezzanotte, all’ospedale degli infermi di Rivoli è stato ricoverato F. Z., un operaio di 32 anni, residente in provincia di Vicenza, con ustioni sul 60% del corpo, affermando di essersele procurate nel corso di un rito non meglio specificato in una zona di campagna nelle vicinanze di Rivoli.
Le indagini dei carabinieri di Rivoli hanno consentito di accertare che il rituale svolto, risalente alla tradizione della tribù indiana dei Lakota, è quello della capanna sudatoria, in cui i partecipanti, seduti in cerchio sotto una tenda o capanna, recitando delle preghiere versano dell’acqua su alcuni sassi roventi, creando una cappa di vapore all’interno.
La capanna sudatoria è un’antica pratica spirituale di purificazione e guarigione tipica dei Nativi Americani, che ha poi avuto diffusione anche in altre zone del mondo. I primi documenti che ne testimoniano l’uso risalgono al V secolo a.C. e sono stati trovati in Asia Centrale, in un’area un tempo abitata da comunità sciite. Forme simili alla capanna sudatoria – con l’uso combinato del vapore e del calore per indurre una copiosa, catartica sudorazione – furono infatti trasversali a popoli, culture e Paesi diversi, dalla Grecia classica alle civiltà precolombiane.
Gli accertamenti dei militari hanno consentito di indentificare L.M., 47 anni, fisioterapista, come l’organizzatore dell’incontro, e di ritrovare la capanna ove si è svolta la cerimonia, alla presenza di 15 persone, a Reano, in Valsangone, all’interno di una proprietà privata di I.S., 40 anni, operaio, abitante a Rivoli.
Il fisioterapista ha versato acqua sulle pietre e un ritorno di vapore bollente ha ustionato F.Z..
L.M. e I.S. sono stati denunciati per lesioni colpose gravi, mentre F.Z., giudicato guaribile in giorni 60 s.c., è tuttora ricoverato all’ospedale, con ustioni di 1° e 2° grado sul 60% del corpo.
Avranno invocato per sbaglio il Grande Spirito del Bollito alla Piemunteisa protettore degli indiani Rivoleiros del Piemonte meridionale.
La prossima volta meglio una grigliata mist(ic)a.
Augh! 🙂