di NORMA RAIMONDO
SANT’AMBROGIO – Odora di sacro, di tradizione, di devozione e di allegria, la festa patronale che nel prossimo fine settimana animerà il paese ai piedi del Pirchiriano. Una manifestazione che ha radici millenarie, poiché il protagonista, il Santo Patrono Giovanni Vincenzo, visse nel X secolo.
Arcivescovo di Ravenna, San Giovanni Vincenzo ad un certo punto scelse la vita ascetica sulle pendici del Caprasio. Gli abitanti di Celle sostengono che lì sia morto il 12 gennaio dell’anno 1000. I santambrogesi invece ritengono sia deceduto il 21 novembre dello stesso anno. L’incertezza sulla data della sua morte lo avvolge in un alone di mistero, così come dubbia è la paternità della realizzazione della chiesa in onore dell’arcangelo Michele.
La leggenda attribuisce al Vescovo ravennate la predisposizione dell’edificio sul monte Caprasio, ma pare che un volo d’angeli, per volere dello stesso San Michele, gli abbia invece preferito come collocazione il Pirchiriano, dove sarà poi il nobile alverniate Hugon de Montboissier a far edificare l’attuale abbazia sacrense.
Alla morte di San Giovanni Vincenzo, per accrescere il prestigio della Sacra, l’Abate Stefano decise di custodirne le spoglie all’interno della chiesa, ordinandone il trasporto da Celle a dorso di mulo. Tuttavia l’animale, giunto ai piedi della mulattiera che da Sant’Ambrogio conduce all’abbazia, non volle saperne di proseguire. Nemmeno le percosse riuscirono a smuoverlo e ciò venne interpretato come espressione della volontà divina.
Da allora, l’urna contenente le reliquie viene custodita sotto l’altare maggiore della chiesa parrocchiale, collocazione che lascia temporaneamente soltanto per essere portata in processione la domenica della festa. Accompagnata, oltre che dai fedeli e dalle rappresentanze del Comune e delle associazioni del paese, dai soci dell’Abbadia con le loro alabarde.
In origine, in sua difesa, per evitare la predazione da parte degli invasori dell’epoca, venne posta appunto la società Abbadia. Oggi, il compito di protezione è venuto meno, ma l’Abbadia si occupa ancora della valorizzazione del culto e del patrimonio storico religioso.
Tra i soci, ogni anno viene nominato l’Abbà, scelto per anzianità, non anagrafica ma di iscrizione certificata da apposito registro. Quest’anno il compito verrà affidato a Federico Raminelli, volto noto in paese anche per aver ricoperto per molti anni il ruolo di bancario nella filiale locale.
Raminelli al mattino riceverà dal suo predecessore Enrico Crosetta l’investitura, seguendo un cerimoniale che si tramanda da tempo. L’Abbà nel pomeriggio sarà quindi protagonista del tradizionale discorso a cavallo sul sagrato della parrocchiale e del successivo ballo in piazza Abbadia. Per testimoniare ancora una volta che gli anni si susseguono, le amministrazioni si avvicendano, molti nel tempo hanno lasciato il paese, ma la festa patronale ha il potere di richiamare chi non è troppo lontano a tornare per un giorno a vivere il clima di festa. Perché tutto passa, spesso troppo in fretta, ma, perlomeno a Sant’Ambrogio, la tradizione resta.
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La mia opinione?……. sono d’accordo a quello che e scritto sopra