di MOKED.IT / IL PORTALE DELL’EBRAISMO ITALIANO
Si è tenuta questa mattina, nella Sala delle Colonne del Municipio di Torino, la cerimonia di consegna della medaglia di Giusto tra le Nazioni alla memoria di Dalmiro e Verbena Costa, torinesi, che nell’inverno tra il 1943 e il 1944 nascosero l’allora tredicenne Nedelia Lolli, spacciandola come educatrice dei loro figli Marcello e Giorgio.
Alla cerimonia ha partecipato il sindaco Chiara Appendino, che ha aperto la cerimonia con la poesia della stessa Nedelia: “Messaggio”.
Una poesia di fiducia nelle future generazioni perché queste siano in grado di preservare la pace, riottenuta a caro prezzo. Il sindaco ha sottolineato quanto la politica razzista fascista avesse come scopo principale “l’esclusione dalla comunità, l’emarginazione della vittima designata”. Ideologia, quella fascista, che oggi “preoccupantemente – secondo l’Appendino – torna ad infestare le nostre strade”.
Alla cerimonia ha preso parte anche il ministro consigliere dell’ambasciata d’Israele Rafael Erdreich, che ha osservato: “Bisognava fare delle scelte tra il bene ed il male, i coniugi Costa hanno scelto il bene e la Vita. Due i criteri adottati dallo Yad Vashem per riconoscere i Giusti: il rischio della propria vita e l’averlo fatto senza alcun compenso, proprio come fecero Dalmiro e Verbena”.
A seguire l’intervento del presidente della Comunità ebraica torinese Dario Disegni che, dopo aver ringraziato i discendenti della famiglia Costa presenti in sala, ha detto: “Secondo i nostri Maestri, chi si impegna ad aiutare il prossimo contribuisce a riparare l’imperfezione di questo mondo. L’uomo è chiamato a collaborare con Dio per creare un mondo giusto e di Giusti. Noi, ebrei italiani di oggi, siamo tutti in vita per merito di qualche italiano che ci ha salvato. Ricordiamo ancora più affettuosamente la memoria di Dalmiro che, partigiano, catturato nella notte di Natale del ’44, visse il 25 aprile in prigionia e morì di cuore qualche giorno dopo. Un intero mondo oggi vive grazie a persone come Dalmiro e Verbena”.
A concludere i veri protagonisti di questa storia: la stessa Nedelia, la quale ha raccontato ai presenti i giorni in cui suo padre Renzo Lolli, poi ucciso ad Auschwitz, si accordò col signor Dalmiro per nasconderla a Sauze d’Oulx come “educatrice per i due figli, che mal si comportavano a tavola”. Poi il ricordo di quell’inverno passato tra le montagne a badare a questi due bambini di pochi anni più piccoli di lei, fino a quando l’attività partigiana di Dalmiro rese ancora più pericolosa la presenza di una ebrea in famiglia e Nedelia fu costretta a nascondersi dalle Suore del Buon Pastore di Torino.
In rappresentanza della famiglia Costa il più grande di quei due bambini, Giorgio che ora viva in Argentina, mentre Marcello ora risiede in Ausralia. Il suo è un ricordo commosso ed orgoglioso: “Ero un bambino di sette anni, secondo voi cosa voleva dire per un bambino di 7 anni che una ragazza era ebrea? Che cosa fossero queste leggi razziali? Ai nostri occhi inizialmente era una ‘istitutrice anomala’ molto giovane. Col passare dei giorni ci rendemmo conto però che c’era qualcosa che non quadrava, era giovanissima e per nulla arcigna come ci si aspetterebbe dalla parola ‘istitutrice’. All’epoca non si parlava di baby sitter”.
Con la morte sia del signor Costa e del padre di Nedelia fu impossibile per le due famiglie Costa e Lolli-Tedeschi avere notizie reciproche. Purtroppo Nedelia aveva dimenticato i nomi propri di “questi signori Costa” ed ai Costa, emigrati a Buenos Aires dopo la guerra, rimasero solo un paio di fotografie.
Proprio quelle fotografie, recuperate dalla moglie di Giorgio Costa all’inizio degli anni Duemila spinsero quel bambino di allora, ormai diventato nonno, a cercare quella giovane Nedelia di cui conservava ancora un dolce ricordo. Grazie ad internet il ricongiungimento delle famiglie, i primi incontri tra cui l’invito a partecipare al seder di Pesach della famiglia Lolli-Tedeschi e l’inizio (all’insaputa della famiglia Costa) delle procedure per il riconoscimento del titolo di Giusti tra le Nazioni per Dalmiro e Verbena Costa.
“Yad Vashem ci ha chiesto dove volevamo ricevere questa onorificenza – ha concluso Giorgio Costa – a Buenos Aires dove vivo io, ad Adelaide dove vie mio fratello. Entrambi siamo stati d’accordo: andava fatto a Torino, la città di Nedelia. Anche noi ci sentiamo ancora intimamente torinesi”.
LA POESIA DI NEDELIA
Messaggio
E disse il nipote alla nonna:
“Del tempo di guerra
di cui mi racconti,
dell’epoca buia
di quando tu avevi
i miei anni,
di già cento foto più cento
mi hai posto dinnanzi,
e cento filmati più cento
mi hai fatto vedere.
Ma nonna,
non c’è un sol colore,
ma solo del bianco e del nero”.
“È vero” rispose la nonna.
“Ma dimmi” riprese il nipote
“I prati eran neri a quel tempo?
E il mare era bianco?
Chi fu l’inventore
del giallo, del rosso, del blu?
A scuola non l’hanno insegnato”.
Rispose la nonna al nipote:
“Nel tempo di guerra
i cuori eran nero granito
e gli occhi due blocchi di ghiaccio,
e tutti i colori fuggiron dal mondo.
Poi, sono tornati.
Tienili stretti, nipote,
perchè se fuggissero ancora
sarebbe per sempre”.
(8 novembre 2017)
Molto bella la fotografia dei bambini e toccante la poesia