Arrestati a febbraio dalla guardia di finanza per bancarotta fraudolenta, dopo 5 mesi di galera gli imprenditori valsusini Ferdinando Lazzaro e lo zio Ignazio Ferrauto sono stati scarcerati per errori sostanziali nell’accusa, contenuti nel capo di imputazione della richiesta di giudizio immediato e nel conseguente decreto del giudice per le indagini preliminari.
A detta di Francesco Torre, avvocato difensore di Lazzaro, sarebbe stato lo stesso Pubblico Ministero a far rilevare gli errori: il giudice ha infatti proclamato la nullità assoluta degli atti, disponendo così la liberazione dei due imputati. In questo modo, il processo a Lazzaro e Ferrauto retrocede allo stato delle indagini preliminari, facendo sì che la difesa dovrà rivalutare la sua strategia, incentrata fino adesso nella richiesta di patteggiamento.
L’indagine risale al 2011, con il fallimento dell’Italcoge Spa (società che si occupava dei lavori di allestimento del cantiere Tav alla Maddalena di Chiomonte), quando è stata appurata “una serie di condotte criminose che hanno portato al dissesto ed al conseguente fallimento della stessa Italcoge Spa, le investigazioni hanno fatto emergere che attorno alla società capogruppo, ruotava una serie di società costituite per vari scopi ma tutte finalizzate a sottrarre risorse”, spiega la guarda di finanza di Susa.
Secondo gli accertamenti e le verifiche svolte dalle fiamme gialle, tra il 2007 e il 2011 Lazzaro e Ferrauto hanno effettuato numerosi prelievi contanti per complessivi 2 milioni 262 mila euro, dai conti correnti sociali per “scopi personali e ricreativi”, come l’impiego del denaro presso il casinò di Saint-Vincent, il pagamento di spese effettuate in località di villeggiatura o comunque a favore dei membri della famiglia e a discapito di creditori, dipendenti e fornitori. Oltre ai prelevamenti in contanti, sono stati accertati trasferimenti vari di denaro che venivano mascherati attraverso “l’intenzione e la manipolazione di bilanci e scritture contabili, che hanno permesso di distrarre, occultare, dissimulare, distruggere e dissipare beni, crediti e somme di denaro per un totale di 4 milioni e 892 mila euro”, conclude la guardia di finanza.