UNA MOSTRA SUL TIBET DEL PITTORE GIAVENESE ALESSANDRI

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di LUCA CALCAGNO

Dopo il Museo della Follia a Mantova, il pittore naturalizzato giavenese Lorenzo Alessandri approda a Torino. Giovedì 21 a Palazzo Lascaris (via Alfieri, 15, Torino), ore 17, verrà inaugurata la mostra “Il Tibet di Alessandri”, un progetto sostenuto dalla Fondazione Ottavio Mazzonis. L’esposizione sarà visitabile con ingresso gratuito fino al prossimo 4 marzo dalle 10 alle 18.
Saranno 17 i dipinti ammirabili, una selezione dal ciclo “Tibetano e nepalese”, accompagnati da una serie di oggetti tibetani raccolti da Alessandri, grande ammiratore della spiritualità orientale e collezionista.
Interverranno dal tavolo dei relatori: il presidente del Consiglio regionale del Piemonte, Mauro Laus; la vicepresidente del Consiglio regionale del Piemonte, Daniela Ruffino; il venerabile Lama Shartrul Rinpoche; il presidente onorario dell’Unione Buddhista d’Europa, Bruno Portigliatti e la curatrice della mostra Concetta Leto. Intervento, anche se in differita, del critico Vittorio Sgarbi con un video di circa 16 minuti volto a contestualizzare e illustrare il percorso artistico allestito con la mostra. In questo senso anche la riflessione a tema Tibet e spiritualità affidata a Portigliatti e al Lama Shartrul Rimpoche.
“Penso che si tratti di un tributo importante riconosciuto ad Alessandri dopo la sua morte dal Consiglio Regionale del Piemonte – racconta la dott.ssa Concetta Leto, curatrice, oltre che del progetto, anche del patrimonio artistico del pittore – Ho curato diverse mostre di Alessandri a Torino dopo la sua morte, ma questa è la prima in una sede pubblica e prestigiosa come Palazzo Lascaris. Per problemi di spazio, siamo all’interno della Galleria Belvedere, non è stato possibile mostrare tutto il ciclo ‘Tibetano e nepalese’ , ma il catalogo, edito da Graffio, integra ciò che non si vede. I contributi critici di Sgarbi, Portigliatti, Lo Bue, Vitali e Rubiolo arricchiscono e completano lo studio che ho svolto in questi ultimi mesi sull’interesse che Alessandri aveva per il Tibet”.

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