Un’esperienza che segna il cuore e l’anima. La giovane valsusina Daniela Nisi, interprete di lingue straniere e pluri-laureata, è tornata pochi giorni fa dal Senegal, dove è andata per alcune settimane tra luglio e agosto con una onlus di Torino (la “Prati-care”) per aiutare i bimbi africani. Proprio oggi Daniela compie 40 anni e le abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza.
“Siamo partiti con la onlus di Torino “Prati-care” che è impegnata su diversi fronti nell’aiutare le famiglie in difficoltà qui a Torino, dell’accoglienza migranti in Sicilia e che gestisce ormai da anni delle missioni in Senegal, Kenya e da quest’anno anche in Gambia – spiega Daniela – il lavoro che questa onlus svolge nei paesi africani è essenzialmente rivolto ai bambini di strada, i “Talibé”, che vengono mandati da famiglie, in genere indigenti, nelle scuole coraniche per imparare la religione. Purtroppo non sempre i Marabout (maestri coranici) si occupano anche della loro crescita in salute e spesso li inviano a mendicare, talvolta minacciandoli e picchiandoli qualora non riescano a portare a “casa” quello che chiedono”.
Una situazione drammatica
“Questi bambini vivono praticamente all’aperto – continua Daniela – dormono a terra e non hanno modo di lavarsi e di crescere in condizioni accettabili. L’assoluta mancanza di igiene è all’ordine del giorno e spesso vengono letteralmente mangiati da parassiti e vermi che si inseriscono sotto pelle e che creano poi delle piaghe, ulcere, ascessi, scabbia, micosi che, se non curate, creano le conseguenze che puoi immaginare”.
Il centro di accoglienza dei Talibé di Mbour si occupa proprio del “recupero” di questi bambini: “È il frutto del lavoro di ricerca e di collaborazione con i Marabout, l’attività viene svolta in modo assolutamente gratuito per aiutare e curare questi bambini” aggiunge Daniela. Il centro ospita oggi oltre 200 piccoli di quasi 150 “Daara” (scuole coraniche) diverse, vengono qui quotidianamente per mangiare la colazione, preparata dai volontari italiani, di varie parti del mondo e anche da senegalesi: “I bambini vengono educati nel fare la doccia – racconta l’interprete valsusina – che gli facciamo fare direttamente al centro, nel farsi curare in infermeria, nel giocare…inoltre frequentano corsi di alfabetizzazione”.
Sei mesi all’anno, per due o tre settimane alla volta, la onlus torinese “Prati-care” invia volontari, che prima vengono formanti partecipando a degli incontri per circa 6 mesi, sugli aspetti antropologici e culturali, sulle malattie, apprendimento di basi di francese e wolof, e sull’attività dell’associazione in genere. Una volta sul posto, i volontari vengono ospitati in famiglia, con cui condividono usi e costumi.
Daniela, raccontaci come è andata con i bimbi del Senegal…
“La risposta dei bambini è molto positiva dopo qualche reticenza iniziale – risponde – poi imparano i nomi dei volontari, amano il fatto che ci si prenda cura di loro e dopo poco la ricercano a più livelli, anche solo nel contatto fisico, abbandonandosi alla stanchezza derivante dal fatto che devono purtroppo svegliarsi alle 4 o le 5 per pregare e andare poi a mendicare”.
All’apertura del centro, i bimbi sono già fuori in attesa dell’arrivo dei volontari e delle bacinelle per lavarsi le mani: “Vengono poi fatti entrare uno ad uno per la distribuzione della colazione, poi inviati alle docce. In alcuni casi vengono portati in infermeria e poi negli spazi dedicati alle attività di gioco e istruzione”. L’attività si conclude alle 13.30 -14 e il pomeriggio alle 17 si va direttamente nelle scuole coraniche più distanti, i cui ragazzi non sono riusciti ad arrivare al centro.
Curare le piaghe dei parassiti nella pelle dei bambini
“Dall’Italia in genere i volontari partono portando solo un piccolo bagaglio a mano – spiega Daniela – mentre la valigia “grossa” è dedicata a farmaci raccolti durante l’anno…essenzialmente garze, disinfettanti, antibiotici, antidolorifici, antinfiammatori. Al centro tutti fanno tutto. Si passa dalla colazione alle docce, dalla scuola all’infermeria. Per questo non sono necessarie grandi competenze, anche se in genere si cerca di accompagnare l’infermiere di riferimento, che ha poi anche funzione di grande professionista, consigliere e medico, a studenti di infermieristica o infermieri professionisti, benché io stessa passassi gran parte del mio tempo in infermeria a curare i “bouton”, ossia le piaghe create dai parassiti”.
L’ospitalità dei senegalesi
La quotidianità è fatta di contatti umani, alla scoperta di culture diverse: “Si vive a stretto contatto con la comunità locale, caratterizzata dalla grande ospitalità – aggiunge Daniela – i senegalesi fanno della “Teranga”, che vuol dire “ospitalità per chi arriva e condivisione”, un imperativo di vita. Si percepisce distintamente il loro piacere di stare con l’ospite. In nessun istante, mai, ci siamo sentiti estranei o solo ospiti, ma sempre e solo parte di una famiglia in cui c’è posto per tutti, sempre e comunque”.
Le riflessioni dopo quest’esperienza: l’esempio concreto
“Sarà che l’uomo viene dall’Africa, ma questa ti fa veramente sentire come fossi finalmente tornato a casa – spiega Daniela – nonostante il contrasto stridente con la realtà cui siamo abituati, nonostante la quantità di problemi da risolvere e che quasi sicuramente non lo saranno mai, a partire dall’igiene. Sai indistintamente di farne parte e che ti appartiene, è una sensazione atavica difficilmente spiegabile”. Un viaggio segnato dalla voglia di aiutare gli altri, di mettersi in gioco, di donare speranza e un sorriso a chi è meno fortunato di noi: “Si potrebbe discutere per ore di quello che si potrebbe o non si potrebbe fare, del perché le cose stanno così, di chi ha colpa, di chi dovrebbe far di più e di chi non avrebbe dovuto – rivela la giovane interprete – ma tanto restano discorsi che portano a poco, e che non giungono a vantaggio di nessuno. Fare qualcosa, anche poco si può, anche senza andare sul posto come ho fatto io, raccogliendo farmaci, vestiti, cancelleria, qualche euro, giocattoli, ecc., sapendo che sicuramente qualcuno sorriderà ricevendoli e ne sarà felice”.
Gli aiuti consegnati sul posto, direttamente a chi ha bisogno
In tempi in cui purtroppo è difficile fidarsi, in cui gli sms solidali con le donazioni non si capisce dove finiscano, affidarsi a delle onlus più piccole come “Prati-Care” è più semplice ed è garanzia del fatto che tutto quanto raccolto arriverà correttamente a destinazione. Per una semplice ragione: “Tutto il materiale donato lo portano i volontari direttamente sul posto – afferma Daniela – ed è bene chiarire che non ricevono alcun tipo di rimborso o paga, nulla! Purtroppo mi hanno anche chiesto se avessi ricevuto dei soldi…”.
Con le donazioni si comprano oggetti per noi forse banali, ma che in realtà per questi bimbi possono fare la differenza: “Con i soldi raccolti abbiamo comprato bagnoschiuma e farmaci – aggiunge Daniela – ma negli anni è stato costruito il locale docce di Mbour, è stata fatta arrivare l’acqua corrente a Bona (sud del Senegal), è stato ultimato il centro di Mbour, costruito il “Poste de santé” di Fatick (una specie di infermeria) e molto altro”.
Chi volesse contattare la onlus, può cercarli direttamente su Facebook a questa pagina.
La parola mancante
Senza retorica, Daniela ci ha raccontato questa sua esperienza vissuta in Senegal. In questi tempi difficili, caratterizzati dall’intolleranza e dall’odio, la sua testimonianza è sicuramente utile per fermarsi a riflettere. A partire da una parola che Daniela non ha mai usato per raccontare ciò che fanno concretamente lei e gli altri volontari, proprio perchè spesso banalizzata e usata a sproposito, ma che caratterizza dal profondo la scelta di fare un simile viaggio e vivere simili esperienze: l’amore per gli altri.