VALSUSA, ASSOLTO L’IMPRENDITORE GIOVANNI TORO: “NON AIUTÒ LA MAFIA, IL FATTO NON SUSSISTE”

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CHIUSA SAN MICHELE – Tre condanne e un’assoluzione nel processo su Tav, mafia e affari “San Michele”. Al centro dell’inchiesta c’erano la cava di Sant’Ambrogio e il cantiere Tav della Maddalena a Chiomonte. Lunedì 3 ottobre l’imprenditore Giovanni Toro, di Chiusa San Michele, è stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa “perché il fatto non sussiste”. La Corte d’Appello di Torino ha annullato la condanna in primo grado a 7 anni di reclusione. L’uomo venne arrestato dai Carabinieri nel 2014 nell’ambito dell’inchiesta contro la mafia “San Michele” (con altre 19 persone). L’imprenditore in quegli anni aveva in affitto un’area del comune di Sant’Ambrogio, in località Pilonetti: dal marzo 2010 si era insediato svolgendo attività di produzione conglomerati bituminosi e relativi servizi inerenti le costruzioni. La cava si trova lungo la statale 25, confinante con Chiusa San Michele, dove aveva sede proprio la sua società Toro srl. Aveva lavorato con la sua ditta anche al cantiere Tav della Maddalena, occupandosi di asfaltature. Con la sua società a Chiusa San Michele, prima dell’arresto, Toro aveva vinto varie gare d’appalto in Valle di Susa: per la Sitaf si era occupato dello sgombero neve sull’A32 e dei lavori nella galleria Prapontin (in subappalto). Aveva anche realizzato lavori per vari Comuni: a Sestriere (nel 2013 per la sistemazione delle strade), Cesana (nel 2013 per il servizio lo sgombero neve), Oulx (nel 2010, per la sistemazione di via dei Laghi), a Borgone (nel 2012, vinse appalto da circa 15mila euro per sistemare alcune strade comunali) e a Chiusa San Michele (nel 2010, sistemazione di via Barella). Poi, contestualmente all’arresto e alle vicende processuali, era arrivato il fallimento. Ora toccherà alla Corte di Cassazione confermare o meno la sentenza di assoluzione. La pubblica accusa, al contrario, aveva chiesto per Toro l’aggravamento della pena a 11 anni di carcere. Dopo il fallimento della sua azienda, a seguito dell’arresto, Giovanni Toro si era messo a lavorare nei cantieri come operaio. L’accusa era pesante: concorso esterno in associazione mafiosa. Ma in realtà, secondo i giudici, è innocente: Toro non aiutò la mafia. Gli altri tre imputati del processo sono stati tutti condannati anche in Corte d’Appello, a differenza di Giovanni Toro, a pene tra i sette e i nove anni. Grazie all’inchiesta San Michele sono stati condannati negli anni passati altri 10 criminali. Toro, che aveva gestito una cava ed è conosciuto per il suo lavoro nel settore delle asfaltature, ha sempre negato di avere voluto favorire in qualsiasi modo appartenenti alla ‘ndrangheta: “Se ho avuto rapporti con loro – ha sempre detto Toro – l’ho fatto senza sapere che fossero mafiosi e mai ho dato loro del lavoro”.

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