VALSUSA, INTERDITTIVA ANTIMAFIA PER COGEFA, CHE LAVORA PER TAV E AUTOSTRADA: “NOI VITTIME, FAREMO RICORSO AL TAR”

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L’azienda Cogefa, impegnata nei cantieri complementari al Tav Torino-Lione, ora ha l’interdittiva antimafia. Il tutto, nell’ambito
dell’inchiesta della DDA di Torino sulle presunte infiltrazioni della ‘ndrangheta sui cantieri dell’A32 Torino-Bardonecchia. L’azienda si dovrebbe occupare, in raggruppamento con altre imprese, della gestione e il riutilizzo delle rocce estratte durante lo scavo del tunnel di base del Moncenisio in Italia, per la linea ferroviaria ad alta velocità Torino Lione.
Ma la Prefettura di Torino non ha rinnovato l’iscrizione dell’azienda nella “white list” delle aziende non sospettate di condizionamenti mafiosi. La Prefettura ha motivato la decisione, con un lungo documento riguardo gli ipotetici legami tra l’impresa e i vertici della ‘ndrangheta. Al centro della vicenda c’è la figura di Teresio Fantini, fondatore di Cogefa morto 18 anni fa, e i suoi rapporti con il membro della ndrangheta Giuseppe Pasqua, condannato nel 1982 per omicidio e indagato per associazione mafiosa nell’ambito dell’inchiesta Echidna.
E poi i presunti rapporti di Roberto e Massimo Fantini, figli di Teresio, con Antonio Esposito, che ha precedenti penali per usura in concorso con il boss di Bardonecchia Rocco Lo Presti (deceduto da anni, ma che negli anni ’80 e ’90 era un personaggio di spicco della criminalità organizzata) e con un altro mafioso: Luciano Ursino, legato alla cosca Mazzaferro-Ursino di Marina di Gioiosa Ionica.
Secondo la Prefettura e le carte dell’inchiesta, Esposito avrebbe avuto incarichi nei cantieri e altre commesse lavorative per conto della Cogefa. Altro elemento contenuto nel provvedimento interdittivo della Prefettura, facendo sempre riferimento all’inchiesta Echidna, riguarda i presunti rapporti tra la famiglia Fantini e l’imprenditore Gian Carlo Bellavia, agli arresti domiciliari per concorso esterno in associazione mafiosa.
L’azienda Cogefa ha 400 dipendenti diretti e 1200 lavoratori in tutto, ha già annunciato che impugnerà il provvedimento di interdizione di fronte al Tar “per difendere la nostra reputazione”. L’azienda si definisce “vittima” del provvedimento della Prefettura.
La società ha diffuso una nota: “Si rende noto che mercoledì 16 ottobre, la Prefettura di Torino ha informato Cogefa S.p.A. del mancato rinnovo dell’iscrizione nella white list.
Nello specifico la misura si fonda su contatti occasionali avvenuti in passato tra Cogefa S.p.A. e imprese attualmente sottoposte a provvedimenti antimafia, emersi nell’ambito di un’indagine recentemente condotta dalla Procura della Repubblica di Torino, dalla quale né Cogefa S.p.A. né alcuno dei suoi dirigenti o amministratori risultano coinvolti o indagati.ì
Si precisa che le predette imprese, al tempo degli eventi contestati, risultavano regolarmente iscritte nelle white list gestite dalle Prefetture di competenza, requisito imprescindibile per l’ammissione all’albo fornitori di Cogefa S.p.A. È altresì importante sottolineare che gli importi dei lavori a loro assegnati hanno rappresentato una quota infinitesimale, rispetto al fatturato complessivo di Cogefa S.p.A. nel periodo in questione.
Cogefa S.p.A., nel ribadire l’impegno a proseguire con la massima trasparenza e collaborazione nei confronti delle Autorità competenti, assicura di aver già avviato tutte le azioni necessarie per impugnare il provvedimento emesso dalla Prefettura e richiederne la sospensiva presso il Tribunale Amministrativo Regionale, al fine di difendere con fermezza il proprio operato, la propria reputazione e il futuro dei propri dipendenti e collaboratori, nonché di garantire la piena continuità delle attività aziendali e la corretta esecuzione delle commesse in corso. Attualmente il Gruppo Cogefa occupa direttamente circa 400 persone, con un indotto giornaliero di ulteriori 1200 unità su tutto il territorio nazionale. Allo stato non è possibile per la società valutare correttamente l’impatto che tale misura potrà comportare”.

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