di LUIGI IAROPOLI
SANT’AMBROGIO DI TORINO – Tra le memorie di un passato lontano, in un piccolo libro la cui storia si perde nei secoli dei secoli, ricordo di aver letto questa rara saggezza popolare: “Non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa”. Eppure, già da qualche tempo, pare che invece una piccola città millenaria costruita sul monte Pirchiriano resti sempre più nascosta; e la sua luce, che prima splendeva nella notte sulle case degli abitanti di quella valle, non brilli più nelle loro vite come un tempo. Una volta, infatti, essi s’addormentavano sereni e tranquilli sul loro giaciglio, perché protetti e difesi dalla presenza lucente del guardiano Michele: un bacio della buonanotte ai propri piccini, ancora un ultimo sguardo contemplativo all’urbe sicura e la luce domestica cedeva il passo alla luce della città elevata che, splendente della spada luminosa, confinava ogni sera le forze delle tenebre sull’opposta montagna oscura degli asinelli, senza permetter loro di trasgredire al comando della luce divina. Oggi purtroppo, non è più così. Qualcosa si è spento ai giorni nostri. La spada di luce pare sia stata rimessa nel fodero. Cos’è successo? Forse, i custodi di quella città svettante tra le stelle del cielo hanno preferito nascondere il gladio lucente del condottiero Michele sotto il moggio di un misero risparmio? Certo, gli ultimi tempi sono stati difficili per tutti nel batter cassa, ma a tal punto da sospendere l’illuminazione per intere sere consecutive? Può davvero questa città splendente di luce gaudiosa non illuminare più la Via Michelita assieme alle altre sue sorelle splendenti – l’una posta su quel mont au péril de la mer, l’altra sullo sperone d’Italia– soltanto perché non si riescono a far tornare i conti nella stanza dei bottoni? Migliaia i pellegrini, turisti, viaggiatori e cercatori di senso che ogni anno si recano in visita. Una moltitudine gli artisti, poeti, filosofi e cantori che nel corso dei secoli l’hanno celebrata. Molte le donazioni generose di benefattori e di fedeli che l’hanno giovata. Tanti i volontari che, sol per amor disinteressato verso questa città pirchiriana, han prestato il loro servigio e ancora continuano a servirla. Perché mai allora non si dovrebbero più illuminare le vite di costoro che, lungo il cammin di loro vita, cercano soltanto l’alba dentro l’imbrunire? Una Sacra spenta non dice bene dei loro amministratori: è forse venuto a mancare olio alla loro lampada? Nel caso, quello stesso libro di saggezza popolare, suggerisce di farne scorte e di ricaricarla, prima che sia mezzanotte. Da ultimo, sorge una domanda: a chi volgeranno adesso lo sguardo gli erranti valligiani di questa terra dal momento che – la loro Sacra – ha smesso di illuminare i passi del loro cammino? Si rivolgeranno forse, alla misterica montagna dalla croce bianca abitata da un altro portatore di luce per seguirlo?
Che il beato Rosmini illumini i suoi discepoli con il lume della ragione, affinché possano
ritornare a battere la retta via dell’antica mulattiera che conduce alla Sacra di San Michele (si spera illuminata).
Poverina…chissà il dolore che ha provato.
Non credo che illuminare la Sacra (con tutto rispetto per il monumento) sia prioritario…e non credo costi poco…altro che risparmio irrisorio…
Le priorità della gente dipendono dal sistema di valori con cui una persona valuta tali priorità e – di conseguenza – il tipo di priorità scelte riflettono come uno specchio i valori di questa società che le avalla: facciamo un esempio. Ai miei tempi, la mia priorità fu quella di costruire questa Sacra in onore dell’arcangelo Michele (anche se qualcuno mi fregava travi e sassi) affinchè potesse proteggere gli abitanti di questa valle e dare a loro un punto di riferimento di spiritualità e sicurezza, questo perchè i miei valori s’ispirano a quelli narrati in quel libro di saggezza popolare citato nell’articolo. È ovvio però, che nella vostra epoca in cui “Dio è morto”, le priorità saranno ben altre e tra queste non ci sarà di certo l’illuminazione della Sacra di San Michele (tantomeno il suo significato spirituale che quella luce artificiale vuole simboleggiare).
Inoltre è chiaro che l’elettricità ha un costo, come tutti i beni di consumo d’altronde: pago il gas perchè credo valga la pena scaldarmi d’Inverno, pago il biglietto del treno perchè credo valga la pena andare ogni mattina a lavoro…e si può pagare la bolletta dell’elettricità (seppur rincarata, considerando anche tutte le possibilità odierne di autosufficienza energetica) perchè si crede che valga la pena di illuminare la Sacra per dare un riferimento di luce e di spiritualità agli abitanti che le abitano all’ombra? Detto altrimenti: si è disposti ancora a pagare qualcosa che non sia per forza per un utile necessario ma per qualcosa di contemplativo (come per esempio il biglietto a una mostra o, in questo caso, la Sacra di San Michele)?
Le priorità della gente dipendono dal sistema di valori con cui le persone valutano tali priorità e – di conseguenza – le priorità scelte riflettono come uno specchio i valori che la società asseconda: facciamo un esempio. Ai miei tempi, la mia priorità fu quella di costruire la Sacra in onore dell’arcangelo Michele (nonostante ogni notte mi sparissero travi e sassi) affinchè potesse guidare e proteggere i valligiani che abitavano alla sua ombra, questo perché i miei valori s’ispiravano a quelli scritti in quel libro di saggezza popolare citato sopra nell’articolo. È chiaro invece che, nell’epoca in cui “Dio è morto”, l’illuminazione della Sacra di San Michele non rientrerà certamente tra le prime priorità (e neanche tra le ultime), nemmeno se quell’illuminazione artificiale volesse simboleggiare una luce spirituale che abbraccia ogni confessione e cultura.
Inoltre, altrettanto chiaro è che ogni bene di consumo ha un costo, ma la vera domanda da porsi è se si è disposti a impiegare il valore economico per un altro valore che si ritiene più importante: ad esempio si paga la bolletta del gas perché si pensa che valga la pena scaldarsi d’Inverno, si paga il biglietto del treno perché si crede che sia utile per andare a lavorare…e si sarà ancora disposti a pagare la bolletta dell’elettricità (per quanto sia rincarata, nonostante tutte le possibilità odierne di autosufficienza energetica) per illuminare la Sacra – anche soltanto un’ora la sera – e dare ai questi valligiani un riferimento di luce e di spiritualità? Detto altrimenti: è ancora possibile (o si ritiene valga la pena) oggi pagare per qualcosa che non sia soltanto un utile necessario ma qualcosa di contemplativo (come può essere ad esempio il biglietto a una mostra o, in questo caso, la Sacra di San Michele)?
Un caro saluto da Celle.
“Ai miei tempi”?
Lei è un Highlander?
Con l’ora legale avremo per parecchi mesi molte ore di luce solare per poterla ammirare a costo zero e ad ottobre saranno i Padri a valutare a che punto saremo con il caro bollette.
Eventuali accensioni saranno comunque gradite.
Una lettera garbata e anche “poetica” per dire quello che in molti pensano. Speriamo che in cima alla lista delle priorità entri l’ illuminazione anche solo per un paio d’ ore. Se se ciò dovesse far retrocedere altre “priorità” saranno i padri a deciderlo. Come sempre dipende dai punti di vista, magari alcune sono discutibili e rinunciabili. Altre no. Si vedrà.