VALSUSA, LETTERA DALLA BORGATA GIORDANI: “NON SERVE LA STRADA, FATE GLI ARGINI”

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LETTERA FIRMATA

MATTIE – In seguito ai gravi fatti accaduti nella nottata tra il 4 e il 5 settembre scorso, la realtà della nostra frazione, come quella delle Combe, e del paese tutto, è stata pesantemente minata. E’ uno di quei momenti nei quali l’unità e la coesione delle piccole realtà come la nostra, esce allo scoperto, e diventa vitale per la soluzione di ogni difficoltà. Parte della comunità dei Giordani si è ritrovata in più occasioni per capire quale futuro immediato aspettarsi e quali decisioni fossero state intraprese dall’alto per la ripresa del proprio quotidiano, cercando di convivere con questo stato di calamità. Crediamo fortemente che la gestione politica di un territorio debba necessariamente e prioritariamente interpellare chi vive tutti i giorni in questi luoghi, evitando di sovradeterminarne le necessità imponendo soluzioni senza radici e indagandone i reali bisogni. Tenendo in considerazione che si è coscienti della situazione e della sua gravità, ovviamente siamo consapevoli che le strutture rovinate non potranno essere ricostruite in tempi rapidi, anzi, sarà un lavoro lungo, dispendioso e complicato. Detto ciò però, la comunità colpita ha focalizzato delle priorità che hanno visto parecchi abitanti d’accordo all’unanimità:
1- un’ipotizzata “strada di servizio” sarebbe un’ulteriore danno ad un territorio già martoriato, la cui utilità, per come è stata spiegata ( ovvero transito mezzi di pubblico soccorso ), sarebbe a dir poco discutibile. Per capirci, assai di rado sulla vecchia strada sono passati i mezzi di soccorso, e comunque sono stati sempre costretti a fermarsi alle prime case perché dentro la borgata la strada si fa troppo stretta. La strada eliminerebbe di fatto un’ulteriore porzione di bosco fiancheggiante il rio e passerebbe su alcuni terreni utilizzati quotidianamente dagli abitanti della borgata, i cui proprietari non sono stati minimamente coinvolti né informati, cosa a nostro parere assai grave;
2 – la priorità devono essere gli argini del Rio e la messa in sicurezza del suo letto. Già soltanto la pioggia di giovedì mattina ha “lavorato” sugli argini ormai esposti erodendoli ulteriormente a vista d’occhio; Crediamo con fermezza che l’unico impegno da perpetuare sia rivolto alla messa in sicurezza e al mantenimento di un territorio ormai fragile e che ogni sforzo debba essere rivolto a questo, con la massima attenzione a intervenire in modalità veramente sostenibili e rispettose della montagna tutta, e non con rapidi cerotti capaci di aggravarne ulteriormente la stabilità. Per quanto ci riguarda, la questione su cosa sia più opportuno fare rimane aperta. Invitiamo la popolazione tutta a mantenere alta l’attenzione sui progetti che pendono sul nostro territorio e a trovare presto momenti di confronto.
Grazie per l’attenzione, una parte degli abitanti della frazione Giordani

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9 COMMENTI

  1. E quindi? Chi ha valutato, e quando, che la strada non debba essere realizzata?
    Ci sono stati momenti pubblici di confronto dove si sono soppesati i pro e i contro della presenza o meno della strada?
    Sono stati interpellati tecnici esperti di geologia e dinamiche fluvio – torrentizie, oppure siamo di fronte agli ennesimi studiosi di social network?
    Oppure si tratta solo di QUALCUNO che vuole IMPORRE la propria idea a scapito dell’esigenza COLLETTIVA di un abitato FRUIBILE e SICURO?
    La frazione Giordani si è sviluppata nel tempo lungo le attuali via Rio Gerardo e via Giordani (e le cartografie del XVIII secolo, lo dimostrano); in particolare il ponte sul rio Gerardo era l’accesso privilegiato i sentieri che portavano ai pascoli di montagna dei Cugni e di Cervetto , oltre che l’accesso carrabile per le aree agricole di Prapuntin (per evitare la ripida rampa della Resia).
    Un abitato che è stato costruito in posizione sicura rispetto al torrente, protetto dalla spalla rocciosa della Barira – barriera nda, che non ha visto lo scriteriato sviluppo urbanistico degli anni ’60 e ’70, restando arroccato al sicuro di fronte al torrente, lasciandolo divagare su aree che adesso sono abbandonate o semi abbandonate (o occupate da simil discariche), distruggendo al più il ponte verso la montagna.
    Ponte che storicamente è sempre esistito, costruito e ricostruito dopo ogni piena, a testimonianza dell’importanza di questo accesso alla frazione.
    Un accesso che esisteva fino alla notte del 5 settembre e che era ampiamente utilizzato anche da chi, adesso, si fa paladino dell’ecologia, per parcheggiare obsoleti camper e furgoni sul ciglio del torrente (e fortuna che non c’era nessuno dentro, quella notte).
    Privare la parte est della frazione di un accesso carrabile vuol dire condannare non solo quella zona, ma tutto il resto della frazione all’oblio (come se non fosse già sufficientemente disabitata), rendendo impossibile raggiungere, vista l’orografia della zona, le aree interne dell’abitato a mezzi e materiali necessari anche ad un auspicabile recupero edilizio ed urbanistico, senza considerare differenti esigenze di sicurezza che potrebbero manifestarsi in qualsiasi momento.
    Affidarsi ad una unica strada di accesso comporterebbe inoltre il non remoto rischio di trovarsi con una parte di abitato isolata (crollo, incendio), con conseguenti problemi ai (pochi) residenti, alcuni dei quali anziani e in precarie condizioni di salute.
    Pensare che i mezzi di soccorso debbano attestarsi anche a qualche centinaio di metri dal luogo di intervento, in inverno o durante la notte, solo perché QUALCUNO ritiene la facilità di accesso “discutibile”, risulta quantomeno ridicolo (un incendio di un camino, con vento forte, potrebbe vedere tutta la frazione trasformata come Venaus nel 1983).
    Nella situazione attuale, con i costi delle infrastrutture in costante crescita, con ponti e infrastrutture idrauliche che a ogni piena si rivelano insufficienti anche a causa di una innegabile mutazione del clima, risulta corretto affrontare con il giusto pragmatismo anche la realizzazione di nuove opere di difesa, rinunciando al ripristino di certe infrastrutture per lasciare libertà alle piene, cercando anche soluzioni alternative che non impongano l’idea di pochi sull’interesse comune.
    Un giordanese

    • È l’approccio Notav: mandano “lettere firmate”, espongono striscioni e fanno manifestazioni con l’arroganza, la pretesa e la supponenza di ergersi a rappresentanti di tutti, senza che nessuno li abbia nominati a rappresentanti.

  2. SENZA STRADA COME FAI I LAVORI DEGLI ARGINI? E POI SE QUALCUNO STA AMLE COME VIENE PORTATO IN OSPEDALE? CON IL MULO? SONO DUE PRIORITA’ DIVERSE MA IMPORTANTI

  3. Bravo “barbajeandicalò”, Era proprio a questo che mi riferivo nel precedente articolo. Basta spacciarsi per esperti e “portavoce del popolo”. Se proprio ci tenete a diventare “abitanti del posto” cominciate a rispettare chi abita queste borgate da sempre, date una mano a chi ha bisogno, non con striscioni ma con gesti concreti di solidarietà (non scritti sui muri ma dimostrati con olio di gomito)

  4. Educazione civica, esiste una strada e poi volendo c’e’ la strada che scende verso Susa. i soccorsi sono garantiti e non a dorso di mulo .
    Mattie secondo me e’ un bellissimo posto.
    Persone che amano il proprio luogo, discutono e trovano soluzioni.
    A differenza di altri comuni della valle politicizzati e pieni di tamarri.

    • Le consiglio di fare un giro ai Giordani, visto che sembra conosca ben poco la zona e i problemi che ci sono stati.
      L’accesso est alla frazione non esiste più in quanto il ponte è stato asportato dalla piena (e, per motivi idraulici e costi, difficilmente verrà ricostruito). Va in ogni caso garantito l’accesso ad eventuali mezzi di soccorso a entrambe le estremità dell’abitato, visto che l’unica strada attraverso la frazione è larga in alcuni punti meno di 2 metri e il primo punto accessibile sul lato ovest si trova a centinaia di metri di distanza. Ci sono molteplici soluzioni possibili e da valutare, guardano alla sicurezza di chi vive e vuol far vivere la frazione (e non la considera roba propria).
      Soluzioni da valutare non con striscioni e prese di posizione ideologiche e autocratiche, ma sulla base di esigenze e problemi reali.

    • alla faccia di comune non policizzato…; e poi abitanti del luogo? direi persone che si sono trasferite li ed abitano, che poi siano del luogo la vedo lunga;

    • Perché, il teatrino a cui stiamo assistendo fatto di “letterine firmate”, “striscioni anonimi” e “lavori collettivi”, non è politica ? Quando fate proposte o critiche, mettete i nomi e cognomi di chi le fa, piantatela con questa retorica del plurale maiestatico come se esistesse un unico pensiero espresso da chi scrive la letterina.

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