di ROBERTO SERRA (ex sindaco Cesana Torinese ed ex manager di società degli impianti di risalita)
Il DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) ha previsto la chiusura degli impianti di risalita almeno fino a inizio gennaio e quindi ha bloccato l’economia della montagna. Motivo? Il Covid. Ora sembra che queste chiusure saranno prorogate ancora fino a quasi tutto il mese di gennaio, visto che l’indice di contagio resta alto, secondo il parere degli esperi del governo.
Covid: parola tragica, in nome suo e per suo conto, tutto si può fare o peggio, tutto si può bloccare. Mi permetto alcune considerazioni e alcuni suggerimenti, partendo dal presupposto che è prioritaria la salute dei cittadini, senza però dimenticare la crisi economica che stiamo vivendo.
Motivazione del provvedimento della chiusura degli impianti? L’impossibilità di controllare gli assembramenti.
PROPOSTE DI NUOVI PROVVEDIMENTI ALTERNATIVI ALLA CHIUSURA
A) Numero degli sciatori limitato al numero previsto dalle autorità sanitarie. Calibrato sul numero degli sciatori e superficie dell’area sciabile.
B) Acquisto online dei soli biglietti giornalieri autorizzati. Non esistono altri tipi di biglietti.
C) Tutti gli sciatori devono indossare la visiera del casco e la mascherina, che copra anche la bocca.
D) Accesso all’impianto cadenzato dai tornelli, come previsto dalle norme sanitarie.
E) Velocità dell’impianto calibrata sulla nuova portata.
F) Per seggiovie biposto: una persona per seggiola. Seggiovie triposto e quadriposto: due persone. Per le cabinovie: analogo concetto. Per le funivie: riduzione dei posti, secondo parametri indicati dalle autorità sanitarie.
G) Bar e rifugi sulle piste: solo servizio esterno e d’asporto. Gli sciatori sono attrezzati per stare all’esterno, senza entrare, come si fa già con i ristoranti nel servizio d’asporto.
CONTROLLI
Il rispetto delle regole va gestito operativamente dalla società esercente. Controllo dell’osservanza delle norme: a carico delle forze locali di ordine pubblico (Carabinieri, Polizia in servizio sulle piste e Vigili municipali). In caso d’inosservanza: interruzione immediata del servizio. Trasgressori: multe come previste da DCPM.
Ovviamente é una mia bozza personale di proposta. Mi permetto di evidenziare di avere oltre trenta di professione dedicata al mondo dello sci e al turismo di montagna.
Personalmente sono convinto che una proposta di questo genere, avrebbe tutti i requisiti per essere approfondita attentamente dal sistema di tutela della Sanità. Siccome siamo in Italia meglio sarebbe che fosse sostenuta dal mondo che lavora, opera e vive di montagna. Subire non è bello, ma quando le conseguenze sono di un futuro senza futuro, è indispensabile chiarezza, determinazione e senso di responsabilità. Il mondo della montagna da sempre quando é stato necessario ha risposto “presente” ora e ripeto si sta giocando il futuro.
La “montagna” non é più “il mondo dei vinti” (Nuto Revelli), ora è la Montagna che vive e reagisce, la montagna che vuole darsi un futuro senza “ristoro”, termine ambiguo che sta per “Compenso o risarcimento” (oppure presa in giro). Era necessario scomodare addirittura Dante per dirci “Dunque che render puossi per ristoro?” ovvero: forse, chissà quattro soldi ve li daremo.
La montagna non aspetta elemosine, come sempre i montanari sono abituati a cavarsela da soli. Lasciateli lavorare.
STORIA E SVILUPPO DELL’ECONOMIA TURISTICA DELLO SCI
Lo stereotipo che più la identificava la montagna fino a non molto tempo fa, era “Heidi”, pastorella di montagna sempre allegra e sorridente, con le treccine e i capelli biondi. Il messaggio era pure accattivante e trasmetteva una immagine un po’ da favola e un po’ di un mondo bucolico e naif, dove le montagne sono venivano rappresentate come sfondo romantico per sfide di coraggiosi di alpinisti e sportivi.
Il turismo a quei tempi, mi riferisco al 1960-1970, era praticamente esclusivamente estivo, i turisti ovvero i villeggianti venivano per sfuggire la calura della pianura oltre a qualche appassionato di montagna. La loro presenza comunque non superava gli 80-90 giorni a cui aggiungevano alcuni alcuni weekend richiamati piu che altro da manifestazioni turistiche e sportive.
Con il tempo e soprattutto a causa del benessere generato dal boom economico, l’inverno con lo sci conquistò – con una progressione incredibile – una importanza che in breve superò abbondantemente le frequenze estive.
Impianti di risalita, piste di discesa, costruzioni di alberghi e recidence, generarono il rinascimento della montagna, per lo meno per le località vocate allo sci. Professioni nuove e attività commerciali generarono flussi di benessere inaspettate per la popolazione locale e indussero molte persone, imprenditori e investitori a creare economia e business, con ricadute ovviamente molto positive sugli abitanti residenti. Ovviamento nel tempo il sistema economico locale di estese fino ad ad infrastruttursi a dimensione di valle per poi diventare una voce estremamente importante nel bilancio economico nazionale.
Purtroppo, come spesso succede in Italia, le buone iniziative non riescono a consolidarsi rimanendo in situazioni di debolezza strutturale e l’economia della montagna ne é purtroppo la dimostrazione. Troppe sono ancora le individualità, che ne condizionano i risultati. Non dimentichiamo che se non fossero state assegnate le Olimpiadi Torino 2006, l’adeguamento e rinnovamento del sistema impiantistico non sarebbe mai avvenuto con la prospettiva di uscire dai circuiti internazionali riducendosi a modeste stazioni locali. Questo riferimento la dice lunga sulla debolezza del sistema.
Ma attualmente qual è la situazione?
A) Nevica sempre di meno e sempre più necessita il supporto d’impianti di neve artificiale.
Costosi nell’acquisto e onerosi nella gestione, un dato per tutti: un metro cubo di neve costa cinque euro e quindi una pista larga 25 metri per innevarla al limite minimo di sciabilità il costo è 25 euro.
B) L’acquisto di impianti di risalita di nuova generazione. Ad esempio un chilometro di cabinovia a sei posti a chilometro costa in media oltre 3 milioni di euro a km.
C) Manutenzioni ordinarie e straordinarie estremamente onerose ecc.
D) Un mezzo battipista attrezzato: il costo si aggira sui 350.000 euro ecc.
Quali sono gli utenti di questo sistemi?
A) Turisti di prossimità (una giornata e rientrano), turisti proprietari di di seconde case.
B) Turisti internazionali e nazionali.
C) Turisti che fruiscono di strutture alberghiere.
D) Turisti in affitto oppure soluzioni alternative.
Attorno a questa clientela ruota un macro ed eterogenea organizzazione. Troppo lunga da elencare. Ma le categorie più significative sono:
A) Società degli impianti di risalita, scuole di sci, sci club e attività commerciali.
B) Alberghi, Bed and Breakfast, Pensioni, Agriturismi, ecc..
C) Fornitori di queste aziende di prima linea.
D) Imprese di manutenzione (estivo e invernale).
E) Organizzazioni di accoglienza, ecc..
Che con il loro lavoro e i loro fatturato partecipano a generare il PIL locale, dove l’unica fonte che genera reddito ha un solo nome: Turismo. E quindi se viene chiuso il sistema impiantistico, il mondo dello sci si azzera e il core business sparisce.
Riflessioni semplici e in buona parte condivisibili.
Guardando oltre l’emergenza Covid e con attenzione al passato sorgono alcuni quesiti:
Il gestore del sistema neve (impianti di risalita, piste e neve programmata) è strutturalmente debole perché non ha margini sufficienti per reinvestire nel rinnovamento tecnico e tecnologico come una ordinaria impresa industriale?
Oppure è una cicala che distribuisce troppi dividendi?
Oppure è il sistema stesso ad essere fuori mercato per insufficiente remunerazione di quanto speso ed investito per la gestione come attualmente configurata?
Oppure è l’eccesso di RICADUTE a favore di altri soggetti non altrimenti remunerate a sottrargli la necessaria redditività occorrente per promuovere un adeguato programma di investimenti innovativi e di mantenimento dell’esistente?
Sarebbe il caso che i beneficiari di queste RICADUTE cominciassero a mettere mano al portafoglio per salvaguardare un sistema che è il pilastro del loro benessere economico e della loro ragion d’essere?
Attendo, oltre alle sicuramente competenti risposte del Sindaco emerito Serra, opinioni dall’INDOTTO beneficiario di queste RICADUTE.
Buongiorno. Da uomo qualunque penso che il sistema neve sia una risorsa che non può essere lasciata morire pena, ovviamente, l’ estinguersi delle attività produttive dell’ alta valle.
Da fruitore degli impianti di risalita, mi piacerebbe capire dove sono gli impianti adeguati e rinnovati grazie alle olimpiadi.
Forse la veloce seggiovia di canale Colò che con un po’ di vento viene regolarmente chiusa?
Oppure la velocissima seggiovia di Sagnalonga?
Azzardo un elenco di cosa non c’è più rispetto a qualche decennio fa:
1) area di Genevris
2) area Grange Sises
3) area Pariol (fatta eccezione per la pista che scende all’ intermedio di Cesana quasi sempre chiusa)
4) col Saurel
5) risalita da Borgata verso vallone del Basset.
6) pista della Croce a Claviere.
Per non parlare dei parcheggi cannibalizzati a San Sicario alta, dei parcheggi a pagamento a Sportinia, del collegamento da Oulx mai realizzato (pensate… uno arriva in treno, scende alla stazione di Oulx e prende la seggiovia, stile Pila, ed arriva sulle piste da sci)
Penso sia necessario interrogarsi su cosa si vuol fare da grandi. Darsi da fare per dare nuova vita ad un comprensorio indubbiamente favoloso, e pertanto investire, oppure lasciare che le singole stazioni si arrangino per conto proprio, sperando che nevichi e che i fruitori non guardino altrove.
Se devo spendere 40 euro di giornaliero oppure 900 per 45 volte! + 5 di parcheggio + carburante per venire su + autostrada (fortunatamente facoltativa) mi aspetto di poter usufruire di un servizio eccellente, non così così come negli ultimi anni.
p.s.
consiglierei di guardare le seggiovie a sei posti di Serre Chevalier per farsi un’idea di come dovrebbe a mio parere essere la Via Lattea.
Ok, va bene tutto, riflessioni buone ma: l’ex sindaco di Cesana, lo stesso artefice del disastro del bob a Pariol, quando la smetterà di inondarci con la sua sicumera?
… e comunque gli unici a dover subire passivamente sono i bar, ristoranti. Non riusciamo a capire questa cattiveria, scusateci se ci permettiamo di dirlo, nei nostri confronti, quando ci avete obbligati ai plexiglas, disinfettanti, ecc., quando poi si vedono assembramenti e negozi abbastanza “pienotti” Solo asporto per questi sfigati di ristoranti, ma con l asporto non si lavora, cari politici e lo sapete anche voi, non facciamo finta di non saperlo. E in ogni caso come mai nel TG 3 della sera del 30 dicembre ci comunicano che il Piemonte è quello con contagi molto alti, ed è la regione più povera fra quelle italiane, in questo brutto momento. Quindi a questo punto, a cosa è servito far chiudere bar e ristoranti? Solo a far crescere ancora di più la povertà e ricordatevi, casomai, non lo aveste capito che attorno al lavoro del ristoratore, girano un mucchio di aziende, bevande, macellerie, ortofrutta, prima o poi si fermerà tutto così anche voi inizierete a patire la fame. Auguri affinché il vostro cervello sia un po’ più attivo, cari governanti
Roberto… Heidi non era bionda manco per niente e non portava le treccine.
🙂