di PASSO DOPO PASSO
CONDOVE – In questo appuntamento affronteremo un argomento molto delicato, in quanto tratteremo quelle che sono le misure di limitazione della libertà a tutela della persona non più del tutto in grado di intendere e volere a causa di un decadimento cognitivo. Prima di vedere il caso specifico della richiesta che ci è pervenuta, ci teniamo a ricordare che in caso di demenze, decadimento cognitivo o malattie invalidanti non è possibile generalizzare, ma è bene trattare ogni singola circostanza nella sua specifica individualità, chiedendo una consulenza a un avvocato o ai servizi socio-assistenziali del territorio.
Mia madre è affetta da Alzheimer precoce che si è manifestato circa tre anni fa. Lei ha 62 anni ed è ancora in grado di fare da sola molte cose, ma la malattia è evidente e si aggrava di giorno in giorno in modo repentino. Ultimamente sono molto preoccupato per quel che riguarda la gestione del denaro. Mia madre ha sempre avuto la tendenza a spendere tanto, ma mai in maniera così sconsiderata: ultimamente spariscono dal conto somme ingenti e lei nemmeno si ricorda di averle spese. Non so come fare a limitare i danni, così come sono convinto che chiunque, in un momento di scarsa lucidità, potrebbe raggirarla e truffarla facilmente. Come posso proteggerla? (P.)
Caro P., in questo caso siamo in presenza di un effetto “collaterale” che si manifesta spesso quando abbiamo a che fare con genitori affetti da decadimento cognitivo. Le questioni di libertà e protezione rientrano nella categoria delle decisioni più combattute che dobbiamo prendere quando abbiamo un genitore con disturbi di tipo cognitivo o psichiatrico.
Tutto parte dall’accettazione!
Innanzitutto, il primo difficilissimo scoglio da superare è l’accettazione, ovvero ammettere a noi stessi che nostra madre (o nostro padre) non è più in grado di compiere determinate azioni e discernere in materia di denaro e contratti con accuratezza, tanto che diventa nostro compito proteggerla. Badiamo bene che esserci accorti di un problema non vuol dire necessariamente averlo accettato, e questo fa una gran differenza; l’accettazione, l’esserci messi il cuore in pace, ci permetterà infatti di poter affrontare il secondo scoglio con meno magone e con maggior possibilità di successo. La non accettazione può, difatti, diventare un freno inesorabile e pericoloso, portando spesso al rifiuto di determinate soluzioni in nome del “Non posso fare questo a mia mamma” o, ancora, “Mia madre non lo accetterebbe mai”, temporeggiando o procrastinando, così, una situazione potenzialmente pericolosa per il genitore stesso.
Ed eccoci al dilemma etico…
Veniamo dunque alle possibili soluzioni e al secondo step, che spesso ci mette di fronte a un dilemma etico non indifferente: è ora di limitare la libertà di mia mamma?
Questa domanda è spesso difficile già solo da pronunciare tutta in una volta. Perché io, figlio, con che diritto posso limitare le capacità di agire di mia mamma? Qui molte persone si fermano, perché rifiutano l’idea di poter fare qualcosa contro la volontà del genitore. Ma il fatto è proprio questo: non stiamo facendo qualcosa contro di lei, ma per lei. A questo si aggiungono spesso difficoltà e frustrazione se ci scontriamo con la rabbia o il rammarico di chi non capisce la motivazione di una tale privazione. In questo caso, teniamo a mente che è la malattia a impedirle di fare un corretto esame di realtà della sua situazione, cosa che implica il nostro compito di tutela e protezione nei suoi confronti. È dura, sarà sempre dura, è innegabile. Ma, come accade ai genitori con i figli, in questa forzata inversione dei ruoli dovuta all’età e alla malattia, anche noi dovremo mettere in conto di prendere decisioni non condivise, tuttavia indispensabili per il suo bene. Quando i nostri genitori non sono più in grado di concepire il valore del denaro ed utilizzarlo in modo sicuro, è certamente il caso di attivarci per proteggerli.
È dunque ora di agire nel suo interesse.
A seconda della gravità, possiamo iniziare a tamponare la situazione limitando l’utilizzo di carte di credito, bancomat e assegni; se abbiamo a che fare con una persona “tecnologica”, dovremo cercare di impedirle anche l’accesso all’home banking. Il tutto in attesa di pervenire a soluzioni più efficaci e adeguate, chiaramente. Nel frattempo, inibendo gli strumenti di pagamento veloce, avremo almeno limitato un po’ i danni, anche se dobbiamo tenere presente che queste non sono soluzioni efficaci, perché non impediscono alla persona di firmare contratti, di andare in banca e prelevare dei soldi in contanti o ottenere nuovamente l’accesso a strumenti di pagamento veloce. Oltre al fatto che si tratta di misure “estreme” di protezione che sono, diciamo, ai limiti della legalità.
È bene, dunque, agire al più presto per ottenere una protezione adeguata.
Gli strumenti che l’ordinamento giuridico ci mette a disposizione prevedono diversi gradi di limitazione della capacità d’agire, applicabili a seconda della gravità della situazione.
Nel caso di una persona ancora parzialmente autosufficiente, la soluzione raccomandabile è l’amministrazione di sostegno. Si tratta di un istituto giuridico non troppo lesivo della libertà e individualizzato; caratteristiche che lo rendono la scelta privilegiata nei casi in cui ogni persona ha bisogni e capacità residue specifiche e dunque non generalizzabili. La cosa interessante è che può farne richiesta il beneficiario stesso, il coniuge, la persona stabilmente convivente, i parenti entro il quarto grado (genitori, figli, fratelli o sorelle, nonni, zii, prozii, nipoti, cugini) e gli affini entro il secondo grado (cognati, suoceri, generi, nuore). L’amministratore di sostegno non è necessariamente un soggetto terzo, anzi, vengono privilegiati nella scelta i parenti della persona beneficiaria. Per farne richiesta è sufficiente fare ricorso al Giudice Tutelare del luogo dov’è stabilmente residente la persona interessata (nel nostro caso, il luogo di residenza della mamma), attraverso un modulo di richiesta facilmente reperibile su internet. Il decreto del Giudice stabilirà la durata dell’incarico e i poteri dell’amministratore di sostegno e può essere modificato successivamente per esigenze che si manifestino in un secondo momento.
In questo modo ci avvarremo di uno strumento legale ed efficace per tutelare gli interessi del nostro genitore e del patrimonio familiare: la mamma non potrà più compiere quegli atti che la possono mettere a rischio di truffe né potrà svuotare il conto in banca senza accorgersene, pur mantenendo tutta una serie di capacità e libertà residue.
Esistono poi altri due istituti decisamente più complessi e lesivi della libertà personale: la tutela e la curatela, che si ottengono con il procedimento di interdizione (la prima) e inabilitazione (la seconda) della persona che ha perso del tutto o quasi la capacità d’intendere e volere. In questi casi è necessario avvalersi dell’assistenza di un avvocato, a cui rimandiamo anche per maggiori informazioni e approfondimenti sull’argomento.
Credo di non sbagliarmi nel dirle che deve rivolgersi a un giudice chiedendo di gestirne il patrimonio. Per il cibo puo’ chiedere il servizio dei pasti a domicilio fatto per il servizio di assistenza domiciliare. Attraverso l’ UVMD che credo gia’ abbia contattato visto la salute di sua madre potra’ contare sulle figure professionali adatte a affrontare il caso di sua madre.Tenga presente che incasi in cui sua madre si sentisse in difficolta’ più avanti c’e’ anche il telesoccorso o meglio e’ una specie di telecomando, la signora lo preme e la soccorrono .Comunque ogni regione ha un sistema assistenziale diverso e dipende dalle risorse disponibili. Senta l’ assistente sociale….poi si riunisce con le figure competenti e decidono il caso in questione.
Per altri tipi di dimenticanze , fornello acceso o situazioni simili puo’ invece essere utile mettere un biglietto dove c’ e’ il problema per ricordare alla mamma che deve fare o guardare se quella cosa determinata e’ a posto.
Non mi ricordo cosa volessi scrivere