VALSUSA, PIERINA TAMASCO COMPIE 105 ANNI: AUGURI!

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BORGONE SUSA – Venerdì 15 dicembre la nonna valsusina Pierina Tamasco ha compiuto 105 anni! “Avere una 105enne come mamma non è una cosa da tutti i giorni, e soprattutto anni – spiega con gioia il figlio Claudio Giorno – mia mamma ha ricevuto la visita molto gradita del sindaco di Borgone Diego Mele, del suo vice Andrea Rolando e della consigliera Mariadelfina Vair”.

LA STORIA DI PIERINA TAMASCO 

Ecco la storia di Pierina Tamasco, raccontata dal figlio: “Pierina Tamasco è la decana di Borgone Susa. Non vi è nata perché vi è arrivata nel 1947 da Agropoli (Salerno), località turistica nota anche come la “capitale” del Cilento, patria della “dieta mediterranea” (il che potrebbe anche rappresentare parte del “segreto” della sua longevità). Anche se l’essere nata in coincidenza della fine della Grande Guerra costrinse la sua famiglia numerosa (era l’ultima di sette figli) a far fronte alle difficoltà che finirono per determinare lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale; conflitto che oltre a causare il “richiamo sotto le armi” (per dieci lunghi anni) di quello che doveva diventare suo marito, Gustavo Giorno, la coglie in Abruzzo, (dove era andata ad aiutare la sorella Elena che aveva da poco partorito la prima figlia).

E qui visse una esperienza drammatica quando i nazisti in ritirata dopo lo sbarco degli alleati nel sud Italia rasero al suolo per rappresaglia proprio il paese in cui era ospitata ossia San Pietro Avellano. Aveva quindi già visto la neve quando nel 1947 (con biglietto di sola andata per un “treno del sole” venne catapultata a Borgone Susa). Perché se il clima rigido lo aveva già assaggiato (e in una situazione ben più drammatica), nel profondo nord ovest della penisola dovette fare i conti con un altro genere di freddezza: quella umana.

Unico nucleo familiare con entrambi i componenti provenienti dal sud Italia (un fratello di suo marito vi era arrivato molti anni prima trovandovi anche la moglie) venne accolta dai famigerati cartelli “non si affitta ai meridionali” così che dopo i primi mesi (invernali) passati in un alloggio di fortuna, la giovane coppia fu costretta ad accontentarsi di una casa senz’acqua, col gabinetto a piano terra sotto la scala esterna che serviva anche per entrare in casa e portarvi il secchio dell’acqua potabile (la falda non era poi così distante dal pozzo nero).

Del resto si era nell’immediato dopoguerra, e anche la maggior parte degli “autoctoni” viveva in condizioni analoghe. Il Cotonificio Valle Susa erogava un salario al limite della sussistenza e poco più di un decennio dopo sarebbe iniziata la lenta ma inesorabile agonia del tessile (favorita anche dal mai rimpianto Felice, rampollo d’oro della famiglia Riva che era subentrata al fondatore svizzero Augusto Abegg (cui sono intitolate molte strade dei nostri comuni).

Solo i più fortunati trovarono posto in Fiat oppure nell’indotto; la cassa integrazione non era ancora stata inventata e si vissero mesi difficili. Per cui ancora oggi avercela fatta è motivo di vanto per nonna Piera: aver saldato i debiti (che si rivelarono necessari anche per pagare l’oneroso atto notarile, indispensabile per l’assegnazione di un alloggio finalmente decoroso sia pure di casa popolare), aver fatto studiare il figlio, potersi finalmente dedicare al nipotino sono i suoi “gioielli” che non hanno bisogno di cassette di sicurezza per stare al sicuro.

Niente che non sia proprio di molte altre anziane signore che la seguono o precedono di qualche anno, e che ancora oggi surrogano la carenza di welfare di cui questo paese rimane afflitto, una funzione preziosa ma in via di estinzione perché non si riesce a immaginare come potrà essere tramandato alle attuali generazioni. Chi lo avrebbe mai detto fra i suoi fratelli e sorelle che l’avevano soprannominata “scupillo” (scopettina) che l’ultima nata della famiglia patriarcale di “Nicola u turco” sarebbe arrivata così lontano.

Attraversando due guerre mondiali, due pandemie, il freddo dei fondovalle del nordovest d’Italia per chi era nata in riva al mare (Agropoli, Cilento, via delle Granatelle). E il clima ancora più inospitale “scolpito” sui portoni della Torino sabauda “non si affitta ai meridionali” che sarebbero stati “dimenticati” nella stagione delle crisi industriali, da quella del “Cotonificio Valle Susa” di Felice Riva scappato in Libano con in tasca i soldi (pubblici) che dovevano servire a salvare le fabbriche dal fallimento (a quella infinita della Fiat oggi Stellantis)”.

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4 COMMENTI

  1. Italiani brava gente, razzisti nel profondo, ma la domenica tutti a scambiarsi il segno della pace, ed a piangere per il gattino ferito. Auguri Nonnina.

  2. Noi ” autoctoni “, nati prima del Vs. arrivo, siamo stati trattati molto peggio che i colonizzatori, sotto ogni aspetto, e la storia VERA di quegli anni, la conosciamo bene, perchè l’abbiamo vissuta coi i nostri genitori.

    • Colonizzatori? Ma di chi sta parlando??? Io sono del nord ovest, valsusina doc, ma riconosco che purtroppo i piemontesi non sono stati affatto accoglienti verso chi arrivava a Torino Porta Nuova, spesso con moglie e figli al sud da soli, con una valigia di cartone in mano e costretti per i primi giorni a dormire in stazione, anche se arrivavano per mandare avanti le fabbriche che all’epoca era l’ora del Piemonte, mentre oggi indubbiamente la situazione economica è cambiata in peggio ed è difficile per i più arrivare a fine mese… e purtroppo gli italiani, questa volta da nord a sud spesso e volentieri, manifestano lo stesso razzismo verso i migranti, persone che fuggono da guerre di cui non si parla più, da fame, da disastri naturali, da terrorismo, per finire torturati in Libia e poi rischiare la vita su un barcone…
      Detto ciò, che bello vedere questa nonnina che con suo marito ha lottato per costruire un futuro per la sua famiglia seppur dovendo abbandonare gli affetti della sua famiglia originaria, essere arrivata all’eccelso traguardo dei 105 anni!! Una vittoria enorme su chi, come dice l’articolo, vietava di affittare ai meridionali… molte di queste persone probabilmente non ci sono più, la signora Pierina, dopo mille traversie, è ancora qui a godersi l’affetto senza prezzo della sua meravigliosa famiglia.

  3. chiedo scusa per l’errore, volevo scrivere che all’epoca in cui arrivò la signora Pierina, le fabbriche del nord ovest, fino almeno agli anni 70, erano l’oro del Piemonte, poi tutto è cambiato…

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