Dottoressa Forno, ci può spiegare che cos’è la Mediazione Familiare e a chi si rivolge?
La Mediazione Familiare si rivolge alle coppie che stanno affrontando l’evento della separazione o del divorzio. L’obiettivo principale è quello di prevenire o ridurre i possibili effetti “nocivi” della conflittualità, che spesso emerge nelle persone che si separano, sui figli, e per cercare degli accordi condivisi riguardanti la co-genitorialità, promuovendo e sostenendo una nuova riorganizzazione dei legami familiari.
La mediazione familiare pertanto si differenzia dalla terapia di coppia, intervento che spesso viene richiesto dalle coppie con l’obiettivo di superare un momento di crisi o delle problematiche relazionali nella coppia.
Che aiuto possono trovare le coppie o le famiglie grazie a questo intervento?
La separazione dei genitori è sicuramente un evento “critico” che destabilizza e coinvolge in modo diverso, sia gli adulti che i bambini. Tale evento va pertanto elaborato, proprio un po’ come si fa con un “lutto”. Accade, in alcune separazioni che potremmo definire “più dolorose”, che tale evento sia difficile da affrontare, comprendere e non si riescano a trovare delle soluzioni praticabili o degli accordi riguardo alla cura dei figli, per cose concrete, come ad esempio i giorni che ogni genitore deve passare con il proprio figlio. In tali casi il conflitto nella famiglia sale sino a raggiunge dei livelli che possono essere troppo alti e pertanto dannosi sia per la salute dei genitori che per quella dei figli.
Le ricerche in tema di separazione e divorzio indicano come sia la conflittualità tra i genitori, più che la separazione in sé e per sé, a produrre effetti negativi sul benessere dei figli. La causa delle difficoltà emotive e comportamentali che possono insorgere nei figli in seguito ad una separazione, non sarebbe tanto determinata dall’avere o meno i genitori separati, quanto piuttosto dall’avere dei genitori in conflitto tra loro. Alcune problematiche di tipo comportamentale o emotivo possono insorgere nei figli quando vengono esposti per periodi prolungati di tempo al conflitto tra i genitori.
Quindi, separarsi “bene” risulta un fattore estremamente protettivo per i figli, mentre la conflittualità familiare (sia che i genitori restino insieme sia che si separino) risulta un fattore fortemente dannoso per l’equilibrio emotivo dei figli e di tutto il sistema famiglia.
La mediazione aiuta pertanto la famiglia in questa situazione a trovare delle modalità relazionali meno conflittuali, più funzionali e a riprendere il proprio percorso evolutivo.
Per quanto riguarda la gestione pratico-emotiva delle relazioni durante le separazioni, a Passo dopo Passo c’è anche la dottoressa Caprioglio, assistente sociale e mediatrice familiare.
Dottoressa, esistono dei malesseri e degli stati d’animo “comuni” che precedono e spesso seguono la divisione coniugale?
Non parlerei di stati d’animo comuni, ma piuttosto di emozioni frequenti. Ogni storia di conflitto porta con sé un vissuto della persona che non sarà mai uguale a quello di un altro e anche situazioni simili possono essere percepite in modo molto diverso da persona a persona. Certamente rabbia, senso di fallimento, dolore, nostalgia sono emozioni e sentimenti frequenti, ma quello che conta davvero in mediazione non è tanto l’emozione in sé, quanto il riconoscimento dell’unicità della persona e del suo stato d’animo. Ogni confliggente ha bisogno di sentire che le sue emozioni sono riconosciute, che abbiamo capito cosa prova e qual è la sua posizione all’interno del conflitto.
E nel caso in cui una coppia abbia dei figli, quali sono generalmente i comportamenti più idonei che dovrebbero tenere i genitori al fine di evitare ai figli dannose ripercussioni psicologiche?
Vorrei chiarire innanzitutto una cosa: l’obbiettivo della mediazione non è “educare” i genitori né dare consigli sul corretto comportamento da tenere con i figli. La mediazione può tuttavia raggiungere due importanti obbiettivi in favore del benessere dei minori coinvolti in una separazione: riaprire il dialogo tra i genitori e aiutarli a spostare l’attenzione dalle emozioni forti e dalle “strategie conflittuali” del momento al benessere attuale e futuro dei figli, ai loro bisogni e interessi prioritari. Questi sono due obbiettivi importanti per la tutela del benessere dei figli e una volta raggiunti permettono di trovare più facilmente un accordo tra le parti.
Senso di fallimento, dolore per la perdita, preoccupazione per il futuro, in alcuni casi si può presentare anche un’iniziale senso di euforia e liberazione: sono questi i sentimenti più comuni tra due persone che si stanno lasciando?
Come dicevo prima, sono molti i sentimenti che emergono frequentemente in mediazione. Ricordiamoci che se c’è mediazione vuol dire che c’è un conflitto e quindi normalmente abbiamo a che fare con rabbia e dolore. Ma non solo. Talvolta la rabbia nasconde l’amore, altre volte c’è delusione, altre ancora sollievo per la fine di una situazione che ormai era diventata insostenibile. Ma anche nelle storie di vita più difficili, la fine di una storia d’amore e l’uscita dal sistema famiglia provocano perlopiù dolore e anche dietro al senso di liberazione o all’euforia del momento spesso si nasconde un po’ di nostalgia e di rimpianto. Ed è proprio questo uno degli aspetti più affascinanti di questo lavoro: avere a che fare con storie di vita uniche e irripetibili, che portano in mediazione un ventaglio di emozioni e sentimenti davvero eterogeneo. Si tratta di un lavoro difficile, ma che spesso porta a grandi soddisfazioni e… non annoia mai!
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