DALL’UNCEM PIEMONTE
CESANA – Cinque anni di progetti, documenti, analisi, procedure burocratiche. Ma Lauzet può finalmente rinascere. Il borgo alpino, frazione di Cesana Torinese, sarà oggetto di un importante investimento, coordinato dall’architetto Giorgio Ferraris che con un gruppo di amici ha deciso di ridare vita alle quattro baite, finora abbandonate, ai 1.700 metri di altitudine sopra Balbières e Desertes.
Lauzet è stato uno dei primi villaggi indicizzati da Uncem che nel 2012 aveva avviato il programma “Borghi alpini”, rilevando oltre cento borgate piemontesi potenzialmente rivitabilizzabili, con investimenti privati e pubblici. “Un piano importante nato all’indomani del programma regionale che stanziò nel 2008 oltre 35 milioni per recuperare altrettanti borghi – commenta Marco Bussone, coordinatore del programma Borghi alpini – Giorgio Ferraris fu tra i primi professionisti a sottoporci le tavole per il recupero del Lauzet. Sono passati molti anni, ma la partenza dei lavori oggi è un segnale importantissimo. Un pezzo di montagna rinasce”.
Sul sito internet realizzato da Uncem www.borghialpini.it, vi è anche la scheda di Lauzet. “La frazione è composta da quattro baite che formano un piccolo borgo, nel quale ogni baita protegge ed è protetta dalle vicine – spiega l’arch. Ferraris – Appena più a monte del Lauzet, in località detta Prà Brun, si trovano due belle baite già restaurate e recuperate nel pieno rispetto della tradizione. Invece più a valle, la frazione di Autagnas, è ancora in stato di abbandono, ma per la sua bellezza è meritevole di un attento e accurato recupero edilizio”. Le baite del Lauzet, come quasi tutte quelle dell’alta Val di Susa, rispettano un preciso disegno planimetrico: al piano terreno si trova la stalla, a volte la cucina, al primo piano le camere e depositi, al secondo livello sotto la copertura, protetto da un tetto in scandole di legno ben ventilato, trova posto il fienile. Lo caratterizza una esposizione al sole invidiabile, che lo fece scegliere dalle popolazioni locali per lo sviluppo delle attività di pastorizia, per accedere ai pascoli più alti come alpeggi durante la stagione estiva.
Le Baite del Lauzet sono state costruite quattro secoli fa con pietre locali, tronchi e scandole di larice, tutti materiale presi a poche centinaia di metri di distanza: appartengono a quel luogo, a quella montagna, quasi come se “trasudassero” dalla montagna stessa, e dal lavoro dei pastori. Poi l’abbandono dei pastori. Le baite ridotte a ruderi. E oggi il recupero. “Con un gruppo di amici – spiega Giorgio Ferraris – abbiamo deciso di intraprendere la strada del recupero del borgo del Lauzet. Una delle attività più complicate è stata rintracciare e connettersi con gli eredi dei proprietari per condurre le trattative per l’acquisto dei ruderi. Ci siamo riusciti. I lavori oggi interessano l’intera borgata, come nel progetto presentato all’amministrazione del Comune di Cesana Torinese e all’Ufficio Tecnico del Comune”.
Il recupero di un borgo come Lauzet – vista l’altitudine (1700 metri slm!), la difficoltà nel rintracciare gli eredi dei proprietari, le normative (assurde) che limitano “l’aumento del carico antropico”, le questioni geologiche – è un’impresa quasi eroica. Secondo Giorgio Ferraris, “serve comunque una modifica delle normative, per far sì che in futuro anche altre iniziative possano permettere non solo il ‘non consumo di aree libere’, ma allo stesso tempo il recupero delle storiche baite esistenti, anche laddove il degrado e l’abbandono ne avessero compromesso l’integrità, e anche dove la normativa geologica limitasse gli interventi del recupero stesso, o addirittura, e incomprensibilmente, assegnasse il diritto di recupero ai soli agricoltori”.
“Il lavoro di Uncem sul recupero di borghi alpini prosegue. Lauzet dimostra che la strada è giusta – afferma Bussone – Vi sono 19 milioni di euro di fondi UE del Psr, per gli Enti locali, che verranno messi a bando dal Settore Montagna della Regione nei prossimi mesi. Ma soprattutto vi sono sempre più privati che recuperano baite e ruderi, ma anche imprese e società del real estate che vogliono investire risorse nelle nostre valli, per realizzare ad esempio alberghi diffusi, tipologia alberghiera unica, che altri Paesi ci invidiano. Borghi smart e green, dove innovazione, agricoltura e turismo sono i perni dello sviluppo”.
Ottima notizia. Quelle case così silenziosamente loquaci meritavano questa attenzione. Bravi!