VALSUSINO PERCORRE 4600 KM IN BICI FINO A CAPO NORD: L’IMPRESA DI DANIELE MEZZAPESA ALLA NORTHCAPE 4000

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ALMESE – Daniele Mezzapesa vive ad Almese e fa il lavoro di geometra per il gruppo Pitagora. Padre di famiglia, ha una grande passione per il ciclismo, in particolare per le gare Ultra Randonnè e Ultra Cycling. Daniele è appena tornato dalla mitica gara “Northcape 4000”: ha percorso la bellezza di 4600 km in bici in 20 giorni, classificandosi 107° su 280 partecipanti. Al di là del risultato sportivo, quello che conta è la bella impresa che ha fatto, e che gli abbiamo chiesto di raccontare per i lettori di ValsusaOggi. Qui sotto potete leggere le sue emozioni per questo splendido viaggio.

IL RACCONTO DI DANIELE MEZZAPESA

Ormai da oltre un quinquennio passato a partecipare alle Randonnè (Il Randonneuring è una specialità ciclistica nata nel Regno Unito sotto il nome di Audax, www.audaxitalia.it, e consiste in gare in cui i partecipanti percorrono dai 200 chilometri in su, con l’unico scopo di completare la corsa nel tempo massimo stabilito) nazionali ed internazionali, e completato il circuito europeo che mi ha visto fregiato del titolo “Certificate of achievemente Europe Challenge Randonnè”, ottenuta nel quadriennio 2019/2022 per aver concluso consecutivamente e positivamente (Finisher) la Paris-Brest-Paris (1250 km in 88 ore), 1001 Miglia (1650 km in 127 ore) e Londra-Edimburgo-Londra (1600 km in 124 ore), ho deciso di regalarmi la North Cape 4000.
Una ultra Randonnè di ben 4.600 km ed oltre 30.000 metri di dislivello positivo. La partenza era a Venaria in provincia di Torino con la splendida cornice della Reggia. La gara ha un tracciato da percorrere obbligatorio e che sono forniti dall’organizzazione www.northcape.4000.com, seguiti da un GPS collegato ad un live track, forniti dalla stessa organizzazione, sia per ovvi motivi di sicurezza sia per verificare la correttezza dei partecipanti.
L’evento prevedeva 4 Check point, oltre partenza ed arrivo, dovevi farti timbrare un cartellino, anche se il GPS la faceva da padrone, per la verifica dell’avvenuto passaggio. I controlli programmati erano alla partenza, a Losanna in Svizzera, Parigi, Oslo, Gallivare ed infine North Cape.
Partenza il 22 luglio e tempo di arrivo massimo per poter essere omologato Finisher la mezzanotte del 15 agosto 2023.
Per me questo 2023 è stato un anno particolare dove il lavoro e la famiglia, per eventi straordinari, mi hanno permesso di allenarmi poco, tant’è che pensavo di abdicare sin dalla partenza. Ma mia moglie in primis, e tutti i miei amici sia ciclisti che non, hanno influito fortemente sulla mia scelta e mi sono autoconvinto a partecipare, senza ambizioni se non quella del viaggio e della passione che mi lega alla bici.
22 luglio, ore 8 partenza da Venaria in direzione Losanna, come se stessi passeggiando con amici ed in risparmio energetico, soprattutto in vista della prima difficoltà: il colle del Gran San Bernardo situato ad oltre 2.400 mt di quota e “cima coppi” dell’evento.
Salita dura e lunghissima per la mia preparazione e la subisco tutta, ma in quella salita conosco Fabio, un partecipante che nei giorni seguenti diventerà il mio gemello. Insieme, chiacchierando del più e del meno, inganniamo la fatica e finalmente scolliniamo tardi, talmente tardi che la discesa la facemmo in orario serale e arrivammo in Svizzera a Martigny per cercare dove dormire, e con tanta fortuna trovammo una struttura, ma imparammo che questa fase della “notte” andava gestita con largo anticipo e soprattuto con maggiore cura. I giorni dopo le montagne svizzere hanno provato sia i polmoni che le gambe, poi scoprimmo invece che erano un ottimo allenamento per i giorni futuri. La seconda notte ci fermammo presto, mi ero prefissato una media km/gg di 200 per riuscire ad arrivare il 14 di agosto e gestire eventualmente degli imprevisto cercando così di rispettare la mia aspettativa di arrivare il 15 agosto, ma con il timore di non trovare strutture, non avendo prenotato nulla, mi sono fermato a 180 km fatti in quella giornata.
Qui subentra prepotentemente mia moglie e Carmen, una sua collega, che dal giorno successivo e sino all’ingresso in Norvegia, mi aiutarono a coordinare dove dormire la sera. Cosa banale scritta così, ma la struttura doveva rimanere lungo la traccia e essere alla distanza che di giorno in giorno mi ponevo come obiettivo. Dovevano lasciarmi entrare con la bici in camera (li avevo stipato le borse e smontarle ogni volta era perdere un oretta), ed avere a disposizione un phon per asciugare i capi che lavavo ogni giorno nei vari lavandini.
La colazione dovevano farla dalle 6 in poi, per permettermi di partire con un buon carico di carboidrati e proteine senza perdere tempo da subito. Da tenere conto che il gran numero di partecipanti (almeno 280) avevano la stessa esigenza e il sold out era facile.
Dimenticavo una cosa non banale, che fossero accessibili economicamente. Impresa ardua, ma grazie a mia moglie e la sua collega mi hanno garantito una grande serenità mentale, l’immenso ringraziamento è d’obbligo.
I giorni scorrono veloci e la mia condizione migliora di giorno in giorno, tant’è che dopo i primi 3-4 giorni la media km/gg sale a 240. Qui la pioggia l’ha fatta da padrone e credo che nei primi 10 giorni di gara ci siano stati 2/2.5 giorni max senza pioggia.
Arrivammo a Parigi, ed oltre a me e Fabio, che man mano ci si incontrava sempre più spesso nel percorso, nei locali o la sera nelle strutture (come un segno del destino) si è aggiunta Linda, anche lei dello stesso passo nostro. Qui mi raccontavano sempre di un certo Andrea, amico di Fabio, ma che con il suo lento ritmo non vedevo mai perché quando arrivava io dormivo, e di mattina c’era un susseguirsi di compiti, dove dopo i saluti la strada ci separava. Insomma si stava creando un quartetto dove ci si aiutava ad essere meno soli, condividere il percorso e scegliere le soste, ci si supportava a vicenda. Si era creato un legame che sentivamo stava andando oltre l’amicizia, era più una fratellanza.
E stare insieme 24 ore su 24, sotto il sole, la pioggia, il freddo, l’assenza di cibo e strutture ed altre mille difficoltà come i guasti meccanici, rafforzavano sempre più questa unione. Successivamente tutto iniziò a scorrere veloce come le nostre ruote, Francia, Belgio, Olanda, Germania e tutta la Danimarca. Ciclabili al 90% e rispetto del ciclista che non ha eguali, o meglio rispetto del prossimo che non ha eguali e che possiamo prendere da esempio. Arrivati a Frederikshavn in cima alla Danimarca, e sempre grazie a mia moglie e Carmen trovai un biglietto (introvabili) per passare ad Oslo, e li mi sono reso conto che l’obiettivo era raggiungibile, sia per la condizione fisica che stava diventando importante, sia per questa unione di partecipanti che ci aiutava ad essere sicuri che qualsiasi cosa sarebbe successa non eravamo soli.
Oslo: terzo check e via.
Una nuova terra, di nuovo adattarsi alla nuova situazione a cui si andava incontro. Cibo, acqua e strutture ricettive per la notte si diradavano e tutto diventava più difficile, in compenso il panorama mozzafiato ci regalava scenari impagabili. Prima Norvegia, poi tutta la Svezia e si arriva a Gallivare, penultimo check. Qui le città non esistono più e sono sostituite dai paesi di medie dimensioni.
Sovente si percorrevano 120/150 km senza vedere una casa, una gas station (dove è possibile trovare al loro interno dei mini market) o altro. Insomma il nulla, ed il paesaggio seppur incantevole, iniziava a diventare monotono. 2.000 km di pinete e laghi e il nulla attorno, Ogni tanto 4 case che rappresentavano un paese. Qui la conoscenza della traccia e Google Maps facevano da padroni per potersi organizzare con acqua e cibo e le strutture ricettive dove poter dormire. Pertanto la distanza giornaliera era dettata a quanti km era distante la prima città, costringendoci o a tappe brevi (170 km) o a tappe importanti (300 km). Qua il gruppo è stata l’arma vincente, sia a livello organizzativo che a livello morale.
Si sono aggiunti al quartetto (in realtà un terzetto, ma la condizione di Andrea andava a migliorarsi di giorno in giorno e la sera si riusciva a scambiare due parole) Filippo, Ivan, Gasparino (un maggiore della GdF che ha perso la moglie di soli 50 anni e per una promessa, legata ad una raccolta fondi dedicata alla ricerca della malattia della moglie partendo dalla Sicilia), Oscar ed Alina, Jay e così via.
Ormai eravamo in tanti sul percorso ma la base del nostro trio (Io, Fabio e Linda) era elemento trainante per tutti. E così, in men che non si dica, arrivammo tutti insieme a Capo Nord in 20 giorni (ben 5 giorni prima del mio target iniziale) e qualche ora.
Arrivammo volutamente di notte, per vedere il “quasi” sole di mezzanotte in una giornata climaticamente perfetta.
E li ci siamo resi conto che tutto è possibile. Una persona qualsiasi, con una corretta preparazione, tanta passione, e la voglia di mettersi in gioco superando le varie difficoltà che solo questa avventura sa darti, come gli imprevisti meccanici, i dolori diffusi in ogni parte del corpo, le situazioni di solitudine può farcela. Un padre di famiglia, che ha un lavoro impegnativo che lo occupa diverse ore del giorno, ma con la passione per uno sport, possa arrivare a conquistare gli obiettivi che si pone, così alzando l’asticella e sognando cose sempre più in grandi.
Per me la North Cape è stato un viaggio e non una gara, seppur alla fine il sito ufficiale ha registrato un tempo scolpito sul registro dell’evento, con riportante a fianco 107° su 280 iscritti. Una gara che dicono pare abbia fatto fermare, in maniera inedita (a causa delle condizioni climatiche trovate e della difficoltà altimetrica del percorso) il ritiro di moltissimi partecipanti.
Felice ed orgoglioso di aver raggiunto per l’ennesima volta un grande traguardo che mai mi sarei aspettato con tanta lucidità e forma fisica.

 

 

 

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5 COMMENTI

  1. Tanto di Cappello per l’impresa. Ma notare che ogni anno qualche Valsusino a Capo Nord o in destinazioni strane con mezzi improbabili ci arriva. Sia in gare ultramarathon che semplicemente per “un qualcosa”.Cambia l’aspetto mediatico . Non tutti si fanno pubblicità ma la fatica è uguale. E ci sono “eroi” che neanche sappiamo cosa abbiano compiuto.

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