Incontro, domenica 18 Ottobre, a Milanere, al Centro Sociale, tra addetti ai lavori sull’ipotesi di costituire un “Consorzio di Produttori di Valle”.
L’idea ambiziosa, e comunque fattibile, è quella di unire – oggi si direbbe ‘fare sistema’ – i diversi soggetti interessati al creare una filiera agro-alimentare (ma non solo) locale, a KM zero, che produca e valorizzi prodotti agricoli storicamente presenti nel panorama agricolo locale, dando ovviamente ai medesimi l’ossigeno necessario per l’ottenere una visibilità e sostenibilità economica imprescindibile, per qualsiasi attività di mercato. Al convegno di Milanere (presenti, tra gli altri in sala, Carlo Guerra, dell’Associazione Principi Pellegrini – Divangazioni, Katia Zesi, dell’Associazione Canapicoltori Valsusini, Silvio Tonda amministratore del sito internet di Mattie ‘Ametegis’), si è parlato della pluralità di problematiche che oggi investono chi vuole cimentarsi in agricoltura e sopratutto delle problematiche presenti la dove si voglia coltivare quei prodotti oggi di nicchia e che un tempo furono prodotti di ‘massa’.
Alcuni esempi? Le cipolle di Drubiaglio, il Fagiolo di Mattie, il Peperone di Exilles e la Canapa, un tempo presente nelle valli. Altri prodotti potrebbero allungare la lista ed il paniere potrebbe davvero contenere di tutto. Da dove partire? Potrà sembrare banale la risposta, ma la prima cosa da cui partire è la terra da coltivare che paradossalmente, nonostante il gerbido che spesso avanza, scarseggia. E poi i coltivatori che nelle terre delle nostre valli, dimensionalmente marginali, magari sono solo agricoltori part-time od operatori dedicati ad un’agricoltura contadina e familiare di piccola scala, la cui presenza ed operosità è però imprescindibile per la salvaguardia ambientale. L’idea di fondo che potrebbe sostenere l’esistenza di un Consorzio è la stipula di un ‘patto’ che generi una ‘filiera’, anche solo locale, tra produttori, negozianti, albergatori, associazioni ed abitanti del territorio, magari con la collaborazione istituzionale delle Amministrazioni Locali che dovrebbero a volte interessarsi un po’ di più alle ‘piccole problematiche di campagna’ e non solo al treno…Tra l’altro, banalizzando, ma non troppo, la filiera locale della Cipolla di Drubiaglio, ha un impatto ambientale infinitamente minore della cipolla che magari arriva – dico a caso – dal Perù…
Oggi la sfida per contenere i cambiamenti climatici, passa anche dal piatto ed i consumatori di questo dovrebbero prendere coscienza. Nel trarre le conclusioni Claudio Muto – uno dei promotori dell’idea di Consorzio – ha tra l’altro detto che: “Il progetto del Consorzio, che sicuramente non immaginiamo come ulteriore caravanserraglio burocratico, potrebbe davvero unire le forze oggi sparse per le valli, creando piccole sinergie in grado di dare prodotti al mercato dei consumatori. Gli ‘esperimenti colturali’ che stiamo facendo su tipici prodotti locali e la piccola esperienza che abbiamo accumulato, ci dicono che questa è la strada giusta, probabilmente l’unica, per esistere come agricoltura di valle. E non solo sui prodotti di nicchia”. Come dire che solo l’unione può fare la forza. Riuscirà davvero a nascere un Consorzio di Produttori della Valle di Susa? Probabilmente si, anche se la strada è in salita. Ma è anche l’unica strada che si può ragionevolmente percorrere.
E’ bello vedere dei giovani volenterosi. Però, faccio una domanda: Riuscirete a produrre cipolle , che pur arrivando dal Perù , ( altro capo del mondo); ed essendo buone come le ” Valsusine ” , costano un terzo? A me personalmente; è capitato , comprare castagne super “bacate” , alle bancarelle ” Km. zero. al doppio del prezzo di quelle del supermercato, risultate tutte sane. Saluti.